Blow Up n. 134 - Luglio Agosto 2009

Mai dire Maisie

Dopo quattro anni di attesa, il ritorno dei MAISIE rivela un capolavoro di irregolarità che non ci aspettavamo più.

E dire che ci eravamo quasi dimenticati di loro! Quattro anni di attesa (dall'ultimo album “Morte a 33 giri”) sono in effetti tanti, soprattutto da parte di un'etichetta come la Snowdonia che ci aveva abituati a pubblicare dischi con una certa regolarità. Delle vicissitudini che hanno causato questo ritardo si dirà nell'intervista: qui ci preme comunque dire dei cambi di formazione avvenuti nel frattempo. (Anche perchè l'intervista, svolta via e-mail, è stata trasmessa a tutti i componenti del gruppo e ciascuno ha dato il suo contributo nelle risposte. Vi toccherà accettare questo esempio di democrazia a scapito di un po' di omogeneità nel risultato finale!).
Bene, adesso i Maisie sono addirittura in sette. Rispetto al nucleo storico formato da Alberto Scotti e Cinzia La fauci, e alla new entry di Carmen D'Onofrio arrivata ai tempi di “Morte a 33 giri”, se n'è andato Paolo Messere, mentre esordiscono su Balera Metropolitana Donato Epiro (chitarre e flauto), Serena Tringali (voce), Michele Alessi (chitarre), Luigi Porto (elettronica varia). Anche se Alberto rimane di gran lunga il compositore principale del gruppo, è probabile che questi nuovi arrivi abbiano generato energie inedite, senza contare i prestigiosi ospiti che appaiono sul disco: Amy Denio (onnipresente e decisiva nel dare una certa identità all'album), Flavio Giurato (che ha composto appositamente per il disco una canzone, Ivana e Gabriella, che stilisticamente appare più vicina allo stile dei Maisie che non al suo), Mario Castelnuovo (che canta – benissimo – uno dei pezzi chiave della raccolta) e poi ancora Vittorio Nistri (Deadburger), Vittorio De Marin (Gomma Workshop), Francesco Bosa, Dario Giovannini (Aidoru), Andrea Comandini (Marquez), i famigerati Diego Palazzo e Piergiorgio Pardo (Egokid), eccetera eccetera. Fatto sta che l'esito stupefacente che è “Balera Metropolitana” è per i Maisie una vera e propria prova dell'immaturità, consapevole e voluta. “Balera” è già il sesto album della discografia dei Maisie, e forse mai come questa volta il ventaglio stilistico del gruppo si apre a mille influenze diverse; ma al contempo, si percepisce che non è perchè “vale tutto”, ma perchè l'intenzione è esplicitamente di cimentarsi su vari registri, a costo di non riuscire alla perfezione in ognuno di essi, come se fosse una sfida o se, meglio ancora, l'eclettismo e l'eterogeneità fossero un'esigenza vitale e imprescindibile per la band. Il risultato è uno di quei dischi che non ci si stanca mai di ascoltare, e in cui i pezzi che emergono di primo acchito sono poi soppiantati da altri, meno immediati, e poi da altri ancora, e ancora, e ancora... Non c'è, in Italia, un gruppo altrettanto lucidamente pazzo dei Maisie. Abbiamo impostato le domande dell'intervista di conseguenza, una prima parte di routine, una seconda più a ruota libera.


IL DOVERE

Innanzitutto trovate una giustificazione a questo ritardo… come si permettono i Maisie di lasciare centinaia di migliaia di fan nell'attesa di un nuovo disco per ben quattro anni? Chi vi credete di essere?

Alberto: questo provoca. Ragazze, su, graffiatelo!

Carmen: Purtroppo non ho avuto il piacere di incontrare Mario Castelnuovo… Di Amy e Flavio posso dire che sono due persone splendide. Flavio: l'alieno. Prima di registrare faceva stretching in giardino emettendo strani versi e pensai: “un tipo salutista…”. Ma dovetti ricredermi nel momento in cui, vedendomi chiudere una sigaretta, mi chiese di preparagliene una. Passammo il resto del tempo a disquisire circa le diverse marche di tabacco… Amy: l'angelo. Nei giorni in cui era a Napoli per registrare mi venne la tonsillite acuta. La febbre non se n'era ancora andata, quando Amy e Cinzia si presentarono a casa mia. Ne fui davvero felice. Amy si complimentò con me per come avevo interpretato Stereo a cassette - l'unico pezzo che ero riuscita a registrare prima di ammalarmi. Ce ne stemmo a lungo in terrazza ed Amy sembrava Alice in Wonderland mentre cercava di scorgere i luoghi a lei familiari… Quanto a Maroni, Cinzia e Alberto avevano affidato a me il compito di contattarlo, visto che mi ero trasferita a Milano. Giuro di averle tentate proprio tutte, ma non ce l'ho fatta, perché nel frattempo era stato rinchiuso in una riserva padana.

Cinzia: Abbiamo tantissimi problemi, anche di salute: Serena ha avuto un trauma da sfregamento alle corde vocali e i turbinati ingrossati, io un'otite catarrale cronica, Carmen la laringite e la tracheite, Donato un'infiammazione al nervo sciatico (oltre a un sospetto di meningite e un'autodiagnosi di leucemia) e ad Alberto è venuto il diabete! Michele e Luigi stanno bene (almeno per il momento).

Donato: Siamo delle fottutissime rockstar!

Luigi: I Pooh.

Michele: In realtà se raccontassimo tutte le innumerevoli e travagliate vicende di Balera Metropolitana, ti occuperemmo anche la quarta di copertina.

Serena: Qualcuno crede che Alberto sia Dio, mah… In realtà abbiamo avuto problemi economici, problemi al computer, problemi a trovare tutti nei momenti giusti.

Vi prego ora di inoltrare questa domanda al vostro responsabile della Direzione Marketing: la scelta di fare un disco doppio, con un numero di pezzi pari a quello dei gatti di una canzone di cui certo invidiate l'imperitura fama, di durata superiore a quella di una partita di calcio più supplementari, a quale scelta strategica risponde?

Alberto: la conseguenza della morte del mercato discografico è la completa anarchia. I giornalisti sono in balia di slavine di cd registrati in due giorni da qualunque fetecchione si ritrovi sul pc un programma multitraccia e un paio di amici freakkettoni che strimpellano qualcosa. L'ascoltatore medio (e sottolineo medio) è un deficiente inebetito, che trova divertente l'idea di mettere in fila sull'ipod mp3 a bassa qualità di tutto quello che gli capita a tiro, senza riuscire, ovviamente, a trarre reale piacere da nulla. Di fronte a questo stato di cose puoi solo ritirarti a vita privata o cercare puerilmente di sopravvivere, pubblicando on line mp3 gratuiti che saranno infilati per qualche ora negli ipod, tra Madonna, Baustelle e Popol Vuh, oppure scegliere di lanciarti sul mercato con un doppio cd che (quasi) nessuno avrà voglia di comprare. Non potevamo che optare per la terza ipotesi. Il suicidio plateale è una scelta di classe.

Cinzia: Il mio motto per questi 4 anni è stato: della musica non frega più niente a nessuno, almeno facciamo i nostri dischi come ci và di farli.

Donato: Nonostante quello che si legge su certe riviste per adolescenti, le dimensioni contano.

Michele: Tra gli altri, abbiamo ucciso anche il nostro responsabile di marketing, quindi al momento non può risponderti. Ma poi scusa, vuoi mettere una partita di calcio con Balera Metropolitana?

Serena: Mia nonna, la nonna di Cinzia e quella di Carmen avevano tutte sognato, nella stessa notte, il numero 44. Lo interpretammo come un segnale inviatoci dal cielo e fu così che decidemmo di inserire 44 canzoni nel disco.

Come se la passa, tra l'altro, la Snowdonia? Immagino alla grande… Qual è la strategia della label per evadere le tasse, e approfittare così dei lauti guadagni arrecati dal roster?

Alberto: questo provoca. Ragazze, su, graffiatelo!

Cinzia: Ma, ti droghi?

Serena: Eh..???

Ora tocca – per forza – contarla un po' su tutti gli ospiti che compaiono sul disco. Cacchio, sono tanti! Amy Denio, Flavio Giurato, Mario Castelnuovo, eccetera. In breve diteci il perché e il per come di ognuno, e soprattutto perché tra loro non è compreso Roberto Maroni, che pure si spaccia per valido batterista.

Alberto: Tu fai cattiva informazione, amico mio. Maroni è un valido tastierista, il batterista è Verdone. Non lo abbiamo invitato solo per via dell'incarnato piuttosto olivastro di Carmen. Se fossimo stati tutti bianco latte come me e Donato, ci saremmo proposti. Il perchè siano stati invitati Amy, Flavio e Mario è piuttosto semplice: ci piacciono un sacco. Il come è altrettanto semplice: faccia di bronzo e richiesta diretta tramite e-mail.

Cinzia: Quando suoniamo ci piace stare in buona compagnia, per questo non c'è Maroni. Ma ci sarà Bill Clinton al sax nel prossimo disco!

Donato: L'incontro con Flavio è stato emozionante ed esilarante allo stesso tempo. Confesso che al pensiero di trovarmi di fronte una delle leggende del cantautorato italiano, di cui ho praticamente consumato ed amato tutti i dischi, mi prese un certo timore. Il suo entusiasmo, la sua disponibilità ed umiltà, però, mi rassicurarono subito; in studio ero a mio agio. Mi veniva stranamente naturale parlargli con accento romanesco e dovevo continuamente controllarmi. Mentre pensavo alla parte da registrare mi osservava: gli piacque come muovevo la testa mentre immaginavo l'arrangiamento. Ogni volta che riascolto Ivana e Gabriella mi emoziono un po'.

Michele: Io ho insistito così tanto per avere il grande Roby nel disco, ma non è stato possibile: era impegnato in un lungo tpur con i Camerata Mediolanense.

Serena: Maroni l'avevamo invitato, ma era impegnato ad insegnare alle ronde come picchiare con le bacchette (e non sui tamburi).

I Maisie si sono in qualche modo assestati nell'attuale formazione, o tutto può succedere? Tenete presente che per un giornalista stare dietro a troppi cambi di line up può essere stressante, ci siamo capiti?

Alberto: Personalmente metterei non una ma dieci firme per mantenere la formazione attuale. Spero che questo sentimento sia condiviso anche dagli altri.

Carmen: Ricevuto! Sono una Maisie dal 2004, anno in cui registrammo - in condizioni assolutamente normali - Morte a 33 giri . Le registrazioni di Balera Metropolitana , invece, sono state un'impresa stoica… Insieme a Cinzia, mi sono ritrovata a lavorare – a ritmi stacanovisti - tra Messina, Napoli, Caserta, Anagni, Roma, Cesena, Milano, Alessandria e Torino (e chi più ne ha più ne metta!), ma sono ancora viva e vegeta, tanto che sospetto di essere diventata una specie di Montgomery Burns... A questo aggiungi che provo stima e affetto infiniti nei confronti di Cinzia e Alberto. Totale della somma: puoi contare sulla mia presenza sempiterna nella line up del gruppo.

Cinzia: Nessuno andrà mai via dai Maisie, vero ragazzi? (Sta lucidando una pistola, ndMicrosoftWord)

Donato: Quando tutto all'interno dei Maisie sembrerà ben assestato e tranquillo, lascerò la band con un colpo di scena.

Luigi: Nel prossimo disco ti dico già che ci sarà Fabrizio Corona in veste di rapper; per il resto, il giornalista viene pagato per stare dietro ai cambi di line up! (ride, ndMicrosoftWord)

Michele: Siamo tutti a tempo determinato. In realtà devo confessarti che pur essendo parte dei Maisie relativamente da poco, mi sento a casa. E spero che dopo questa dichiarazione mi si rinnovi il contratto. Un saluto al Mister.

Serena: Ooouuuu… ma che hai problemi con i nuovi entrati…????!!!!

“Balera metropolitana” è una sorta di punto d'arrivo per il gruppo? (Non fate i furbi e prima di rispondere alzate la mano destra e dite ‘lo giuro'.) Ad ogni modo più si ascolta e più sembra musicalmente compiuto, come se in qualche modo rivelasse un'insospettabile unità di fondo pur nella sua eterogeneità di stili…

Alberto: Balera è un punto di partenza. La formazione si è appena assestata e tu già vuoi seppellirci? Ammazza che menagramo che sei!

Cinzia: Macché punto di arrivo, abbiamo appena iniziato a divertirci.

Luigi: Ehi, ehi, io sono appena arrivato! Datemi il tempo di fare almeno altri tre concept.

Serena: È un disco troppo bello… siamo stati proprio bravi! Comunque si, c' è un filo conduttore che attraversa tutto il disco: un senso di sarcastico disprezzo per i tempi moderni, per la sterilità che li caratterizza.  

IL PIACERE

Ho saltato appositamente nella precedente sezione l'ovvia domanda sulle influenze attuali e passate della band perché gli spazi sono limitati. Ora, in 100 battute max dite quali stili non sono contemplati in “Balera metropolitana”.

Alberto: Potenzialmente su questo disco poteva essere presente ogni stile musicale esistente, compreso il foxtrot. Il mio unico rammarico è quello di non aver potuto inserire un pezzo metal, visto che nessuno di noi ha le capacità tecniche per suonarlo. Volevo metterci dentro anche qualcosa di neo-melodico ma non sono riuscito a scrivere un testo all'altezza della situazione. Un autore che ammiro moltissimo è Nino D'angelo, mi è sempre piaciuto il suo calore, il suo trasporto sentimentale.

Cinzia: i cori russi, la musica finto rock, la new wave italiana, il free jazz punk inglese. Neanche la nera africana.

Donato: Mi sembra siano rimasti fuori dalla scaletta del disco un pezzo industrial (al quale fra l'altro tenevo molto) ed uno swing.

Luigi: Il bluegrass, il rocksteady, il rondò e la fuga scolastica rigorosa.

Michele: Le varie forme di Metal, l'Emo, il Christian Rock, il Dorso, la Rana, il Banal Rock e Roberto Maroni.

A parte gli scherzi: ditelo in 120 battute…

Alberto: questo provoca. Ragazze, su, graffiatelo!

Cinzia: Guarda che ti graffio davvero!

Donato: Che battuta da rockit...(no vabbè, questa tagliatela…).

Luigi: spazi inclusi? I l b l u e g r a s s , i l r o c k s t e a d y , i l r o n d ò e l a f u g a s c o l a s t i c a r i g o r o s a .

Michele: Mi metti in difficoltà.

Serena: Ma si pazz….!!!

A parte la parte degli scherzi… Mi piace pensare a questo album come alla vostra ‘prova dell'immaturità, consapevole e voluta'. Forse mai come questa volta il ventaglio stilistico si apre, ma si percepisce che non è perché ‘vale tutto', ma perché l'intenzione è esplicitamente di cimentarsi su tanti registri diversi, come se fosse una sfida – specialmente rispetto a “Morte a 33 giri”, che nel sound soprattutto era stata una delle vostre prove più lineari (fin troppo, a mio parere).

Alberto: l'esercizio di stile, fine a se stesso, è la cosa più triste del mondo, un passatempo post-moderno da asilo infantile. Balera è un disco eterogeneo perché eterogenea è la fauna metropolitana. Ogni storia, ogni sentimento, ogni stato d'animo, ogni personaggio ha un suo proprio suono, un suo ritmo. La ragazza sognatrice è pop, il traffico è funk, il serial killer è house, l'uomo disilluso è folk, il barbone su una panchina è una mazurka...

Donato: Balera Metropolitana è un disco formalmente scorretto. E questo ci piace.

Luigi: C'è ancora qualcosa da perdere a questo mondo? Scherzi a parte, l'identità dei Maisie si sposa perfettamente con il divenire e il cambiamento. Il prossimo disco sarà un esperimento del tipo “se va, va”, altrimenti via a calci nel didietro io e qualcun altro dai Maisie. E si ritorna pure a cantare in inglese!

Serena: Credo che la diversità sia sempre una ricchezza, anche nella musica, e che concentrarsi solo su uno stile sia monotono come mangiare la pasta sempre con lo stesso sugo.

Mi sembra di capire però che avete in cantiere un prossimo disco molto più omogeneo… Sicuri di non perdere l'identità (multipla)?

Alberto: Mi ripeto: dipende tutto da cosa vuoi raccontare. Ci sono album che hanno bisogno di eterogeneità e altri di coerenza e tenuta stilistica. “Una storia vera” è molto diverso da “Inland Empire” ma l'autore è lo stesso, le ossessioni sono le medesime, però le storie sono diverse e Lynch sceglie registri diversi per raccontarle. Nel primo caso il film ha una narrazione lineare e omogenea, nel secondo convulsa e schizoide.

Carmen: Mah… Qualche tempo fa, parlando di Hugo Wolf con Alberto, si accennava alla possibilità di comporre un lied , magari in stile classico-contemporaneo…

Cinzia: Maledette Rockstar, per nostra precisa scelta, sarà un disco più corale, verrà registrato e suonato nello stesso posto dalle stesse persone e quindi, per forza di cose, sarà più omogeneo. Sarà il disco che sancirà la vera e propria nascita di questa nuova formazione a sette.

Donato: Il nuovo disco, a cui stiamo già lavorando, suonerà sicuramente in maniera diversa. Avrà un sound più ruvido ed oscuro. Sarà un disco “misterioso” con cui semmai esploreremo e sveleremo altri lati della nostra (multipla) identità.

Luigi: Tu aspetta il prossimo disco e non ti preoccupare. È una minaccia.

Michele: Oh ma chi è che fa filtrare le notizie qui? C'è una talpa nei Maisie. Comunque si, probabilmente Maledette Rockstar sarà qualcosa di completamente diverso. Forse più asciutto e più legato alla dimensione live. Forse.

Serena: Ma nooo… è solo diverso.. e io sarò sempre afroitaliana..!!!

Risentendo i vostri album precedenti, direi che in questo disco c'è una maggiore attenzione non tanto alla melodia, che è sempre stata presente anche se ben mascherata, ma al formato canzone. Anche se sotto arrangiamenti drasticamente diversi, su questo album ci sono un mucchio di canzoni…

Alberto: Balera è fondamentalmente un disco folk (anche quando non ci sono le chitarre acustiche). Ce lo vedi un cantastorie che narra la vicenda del brigante Musolino su una base di Ornette Coleman? Inevitabilmente le parole perderebbero forza, surclassate da continui cambi di tempo e sassofoni stridenti.

Cinzia: Tutto il disco è nato da canzoni inizialmente composte per chitarra e voce. Alberto Scotti, come Claudio Baglioni: un cantastorie dei nostri giorni!

Donato: Si, ci piacciono le canzoni.

Michele: Ma sono tutte canzoni. Probabilmente il tiro dei testi di Alberto e la forma canzone sono i due elementi principali che accomunano tutte le tracce di Balera Metropolitana.

Direi anche che l'umore generale si è anche fatto meno oscuro… è una domanda legata alla precedente, come se la new wave e il dark (un'influenza tra le tante, ma comunque particolarmente marcata) avesse perso un po' la sua importanza in favore di uno stile più vicino al pop e alla forma canzone.

Alberto: L'ometto de “L'amore in città” non potrebbe urlare la propria rabbia parossistica su pezzo dark o new wave, la sua rabbia è un twist, c'è poco da fare.

Cinzia: Le musiche sono da balera, allegre e ballabili, i testi sono da metropoli, dark e deprimenti. (ride, ndMicrosoftWord).

Donato: È vero, ma attenzione: queste canzoni pop sono velenose.

Serena: Beh... il mio ingresso nel gruppo ha aumentato il tasso di allegria!!

Quello che risalta sempre più sono i testi, invece. Molto interessanti. Specialmente nel saper abbinare una forte dose di sarcasmo a un'analisi tuttavia molto oggettiva delle patologie dell'oggi in Italia. Siete cresciuti molto, in questo senso, no?

Alberto: Bontà tua. A me piace molto osservare le persone che mi circondano e cerco di cogliere i loro umori, le bassezze, gli slanci d'entusiasmo e le incazzature. Io non sono ne' un poeta ne' un sociologo però cerco di essere onesto, di raccontare ciò che sento nell'aria.

Donato: Alberto è chiaramente un genio.

Serena: Alberto è sempre molto sarcastico..!!

Un'altra caratteristica dei testi è il continuo attraversamento di epoche temporali diverse: le feste dell'Unità degli anni '70, lo sfarzo un po' ridicolo degli anni '80, le illusioni dei '90 fino alla condizione attuale. Sembra però di avere a che fare sempre con una stessa fauna, con personaggi che sono cresciuti insieme a noi: come la musica mantiene una sua identità precisa malgrado si nutra di un po' di tutto, a volte queste storie sembrano essere un po' sempre la stessa vista da punti di vista (cultural-temporali) diversi…

Alberto: molti dei personaggi che racconto vivono situazioni di disagio. La protagonista di “Io non protesto, io amo” vive male la politicizzazione forzata della sua epoca e sogna di rifugiarsi nel calore rassicurante del focolare domestico. “Elena” vive un disagio simile negli anni ‘90: delusa dall'esperienza politica, cerca il calore del focolare domestico ma con aspettative già assai più basse. Il protagonista del “L'amore in città” si trova intrappolato dentro un matrimonio che fa schifo: sbraita, ubriaco al bar, contro la moglie e contro il mondo intero, ma sa benissimo che, dopo la sbronza, non gli resterà che tornare a casa, con la coda tra le gambe, a fare la solita di vita (di merda) di sempre. La Teresa di “Balera Metropolitana” vorrebbe spaccare tutto ma riesce solo a scatenarsi in discoteca. “Maria” cerca la catarsi nella pornografia ma trova solo uno stipendio da attrice. Sono tutte storie a-temporali di insoddisfazione, (dis)umanità varia, meschinità, egoismo, di piccole e grandi rivoluzioni (personali e non) destinate al fallimento, di ometti pavidi e di donne rapaci o rassegnate all'infelicità. Allegria, amici ascoltatori!

Cinzia: L'umanità non ha mai davvero avuto una mitica età dell'oro. Cambiano solo le ambientazioni, le epoche, ma non i soggetti e i modi. Siamo sempre stati homo homini lupus. Se ho una speranza non è certo nel concetto di umanità: personalmente credo nei microcosmi, nei legami che riesci a stringere con le poche persone che ti stanno vicino e nella gioia che riesci a dare e ricevere.

Donato: L'umanità è rimasta invariata nei secoli, alla faccia delle teorie evoluzionistiche.

Luigi: Maisie è un'entità osservatrice della realtà. Anche nella preparazione dello spettacolo live, tra arrangiamenti e (cattivi) comportamenti, è presente l'eredità morale e poetica delle tre decadi passate.

Serena: Mi viene in mente il detto: “il lupo perde il pelo ma non il vizio” non so se è la massima più azzeccata. Comunque il lupo è la società contemporanea che, nonostante il trascorrere del tempo, rimane purtroppo chiusa, bigotta, ipocrita e legata a schemi di pensiero piccolo borghese. La società dovrebbe soddisfare il naturale bisogno di aggregazione riuscendo però a preservare le differenze e le caratteristiche peculiari di ogni individuo. Invece, si tende a creare esclusione e omologazione: oggi senti di non essere accettato se sei troppo povero, troppo nero, troppo poco alla moda, ieri sentivi di non esserlo se ti dimostravi poco impegnato politicamente, o se non ti interessavi di cinema sperimentale ungherese. Questa omologazione forzata ci impedisce di capire chi siamo e cosa vogliamo davvero. Chissà se giorno impareremo a non ripetere sempre gli stessi errori.

Bizarre