È già da qualche anno che seguiamo le vicende musicali di Franco Di Terlizi, alias Thefinger, più precisamente dall'uscita del suo primo CD-R "Everyday Was Summer", recensito più che positivamente su queste pagine, così come tutte le sue (auto)produzioni successive. Non potevamo quindi esimerci dall'intervistarlo ora che ha finalmente esordito in maniera ufficiale con "Sugar Plum Fairy" (n.568), disco che lo conferma come nome di punta di una ipotetica scena alt.country italiana. Un compito che abbiamo svolto più che volentieri, e che si è rivelato assai piacevole.

Quando e come nasce il progetto Thefinger?

Nel 1999 ho incominciato a registrare qualcosa nella mia mansarda, con l'ausilio di un computer. Non suonavo da parecchio tempo, il mio gruppo si era sciolto sette-otto anni prima, e avevo in testa alcune idee che ho incominciato a buttar giù in solitudine, fino a quando mi sono trovato con un disco in mano "Everyday was summer". A qualcuno sorprendentemente è piaciuto, e questo mi ha spinto a continuare.

Hai sempre suonato cose di orientamento country-rock anche quando facevi parte di una band?

No, direi che eravamo influenzati dal Paisley Underground, da nomi come Dream Syndicate, Rain Parade, Green on Red. Allora ero un ragazzino, ed era quello il suono che mi emozionava, e continua a farlo anche adesso.

C'è qualche modello particolare a cui hai fatto riferimento al momento di iniziare a fare musica per conto tuo?

Guarda, amo la musica da tantissimi anni, ho un discreto numero di dischi in casa, e per me l'ascolto rappresenta prima un piacere e poi un'occasione di imparare. Nelle recensioni sono stato accostato a decine di nomi, e ci stanno tutti, nonostante io cerchi di rileggere le influenze in maniera personale.

L'area geografica di riferimento, comunque, pare essere quella statunitense.


Senza dubbio, ma quando risento le mie canzoni mi sembra di trovarci anche qualcosa di più marcatamente britannico, magari nei rimandi a un certo pop psichedelico. E comunque ho ascoltato anche un sacco di musica inglese, Nick Drake per esempio.

E di italiano, nel tuo background, non c'è niente?

Ammetto di essere attirato poco dalla musica cantata in italiano, e non so perchè. Il rock'n'roll nasce in inglese, scivola meglio così. Voglio dire... ci sono tante cose bellissime nella nostra madrelingua, ma non mi riesce di farle mie.

Cosa ne pensi, invece, della definizione di alt.country? Ti ci riconosci?

Non ho mai ben capito cosa significhi alt.country o, per lo meno, sono riuscito a farmene un'idea solo quando il movimento ha iniziato la sua parabola discendente. Per intenderci, ho amato alla follia di Uncle Tupelo, il primo gruppo che credo sia stato definito in tal modo, e sono anche riuscito a vederli dal vivo; poi nel calderone sono stati inseriti anche nomi che non avevano molto a che vedere con l'accezione originale del termine, tipo Will Oldham o (Smog). Tutto sommato mi piace come definizione anche se preferisco "psichedelia casalinga", acustica oltretutto, perchè registrando in casa non posso certo permettermi di alzare troppo i volumi.

In effetti mi ha sempre colpito nelle tue canzoni lo scarto che si crea tra i paesaggi vasti e il fatto che siano state concepite e incise entro le quattro mura della tua camera.

È vero, ma le idee in testa sono quelle, e a un certo punto entra in gioco la fantasia. Si tratta di una bellissima via di fuga, a un qualcosa a cui non sarei più in grado di rinunciare, di un mondo a parte in cui non posso più fare a meno di rifugiarmi.

Come sei entrato in contatto con un'etichetta come Snowdonia, nel cui catalogo, rappresenti un po' un'eccezione?

In un certo senso questo testimonia quel guizzo di sana follia che anima le scelte di Snowdonia: sono persone molto integre sia umanamente che musicalmente, e se un disco gli piace lo pubblicato a prescindere dal genere. Il contatto è nato un po' per caso: al tempo avevo spedito i miei dischi un po' dappertutto ma non era mai venuto fuori niente di concreto, e Snowdonia era una delle poche etichette a cui non lo avevo mandato, proprio per i motivi che dicevi tu. Incredibilmente è stata la stessa Cinzia La Fauci a contattarmi, proponendomi uno scambio fra il mio CD e uno a scelta dal loro catalogo. In altre parole, l'unica porta alla quale non avevo bussato è stata quella che alla fine si è aperta.

Come pensi di organizzarti per suonare dal vivo?

Mi rendo conto che i concerti sono un ottimo veicolo promozionale, ma allo stesso tempo non mi attirano particolarmente, anche perchè riproporre sul palco un genere di musica come il mio non è affatto semplice, specie per quanto riguarda la scelta dei musicisti che condividano la mia stessa visione della musica. Un paio di anni fa ho partecipato a un'iniziativa di Arezzo Wave e Rockit, e allora avevo messo su un gruppo, ma l'esperienza non ha soddisfatto particolarmente. Quindi da questo punto di vista non c'è niente all'orizzone, preferisco rimanere in casa a registrare.

Aurelio Pasini