Che dire, questa volta Snowdonia ci ha riempito di dischi parecchio interessanti. Dopo l'obliquo e barocco rock da circolino dei Faccions è la volta degli scheletrici edifici sonori di Fausto Balbo, musicista, o non-musicista, o sperimentatore, non so chi sia nè da dove sia saltato fuori, nè m'immagino dove Snowdonia vada a pescare tali musicisti, solo posso affermare che non si tratta di finti rocker di provincia che giocano a fare i fighetti dell'underground. Fausto Balbo quindi, suoni di fiamme d'estate brucianti d'asfalto e solitudine, mormorio di strade -autostrade annacquate in fiotti di benzina dolce corrosa, code di famiglie inscatolate surgelate nelle loro pallide vetture, fredde, ghiaccianti sotto l'impotenza di un sole fragile post-moderno, ammasso sonoro vibrante, collasso inumano tra violente mutazioni elettronico-rumoriste - sorvolate da riff di chitarra epici e ambientali - e soffici arpeggi della resa e superamento d'ogni illusione d'edonismo urbano, ritmo tecnologico e sintetico porta aperta verso futuri nuovi interessanti. La solitudine. Corpi. Il silenzio. A volte quasi più vicino a certa musica Sahariana (Baaba Maal su tutti) piuttosto che a Eno o al Kraut Rock, a volte più vicino ai mood dei Radiohead di "The Bends" piuttosto che a Tortoise o Labradford, a volte solo una qualche soundtrack perduta di vecchi film malinconici di un Tati mai stato. O solo un sospirare sordo e bruciante tra silenziosi giganti acromatici - vetro, plastica, cemento...Tutto è poi reso concreto negli otto minuti di "Sto bene, molto bene, troppo...", picco assoluto mai toccato da ogni musica ambient e kraut in terra italica, profonda, allucinata, arida e infuocata, imprevedibile e inafferrabile via via che scorrono i secondi.

Poco d'altro si può dire. Fausto Balbo è la più intensa sorpresa che m'abbia offerto il 2000.

Alessio Budetta