Dal circolo sociale "Palmiro Togliatti" di Trecate (No) ecco un mostro, una faccia da cronaca locale gettata in clamoroso contropiede sul territorio della nazione. Bugo. Disordinato cantautore affetto da cazzabuboli e pruriti elettrici, improvvisa perchè probabilmente canta quello che gli passa per la testa al momento, rima in senso terroristico e soprattutto rivelatorio del termine: "Quando taglio il melone penso al tuo viso / quante volte da me è stato deriso". E prima ancora: "Sabato mattina scoppio i petardi / sabato mattina attendo il miracolo di cambiarmi". O meglio, rimestando: "Una risata fuori luogo / che mi scalda come un fuoco / dammi il numero dei pompieri." Quest'ultimo brano, lo dico per sgombrare il campo da equivoci, si chiama Quante menate che mi faccio, perchè certo ho detto disordinato ma "La prima gratta" non è certo una generica raccolta di auto-indulgenze lo-fi. Anche quando Bugo strilla "nonne posso più, nonne posso più" in falsetto irriferibile, quell'elementare canovaccio blues su cui costruisce quasi tutti i pezzi ha la stessa ingenua grazia di Celentano sulla via Gluck, e non è tanto difficile incontrarci Battisti o Rino Gaetano ("un cellulare è scarico / per le strade è il panico / gente nuda guarda su / se il cielo è ancora in alto"). "Ci siamo", afferma con intraprendenza nordica in Potrebbe andar meglio: Con semplicità sempliciotta Bugo attraversa l'impossibile. Collassa in moviola con Una bottiglia di uischi, fa l'elettroschock a Decibel e Andrea Mingardi in Cicca nei capelli, lascia le impronte appiccicose su I baci della mia nonna ("sono come la panna montata"), si eleva come un santone indiano sopra lo scazzo bovino di Paranoia. Canzoni, dunque, che anche sopra a un mucchio di letame sarebbero attraenti. E lui, Bugo, anche con un pezzo di letame in bocca sarebbe fantastico. In chiusura, Bugo tira il colpo gobbo, sempliciotto mica tanto. Basso funk e piano martellante, muggiti e assolo fiume di campane sintetiche, sette minuti di congedo in aria celebrativa tipo Screamadelica. Questa canzone si chiama invece Ne vuoi ancora? (Che ore sono?). Certo che ne voglio ancora (non lo so). (8) 

Francesco Vignotto