Le Forbici di Manitù sono il bizzarro meta-gruppo formato (nella seconda incarnazione) da Manitù Rossi, Enrico Marani e Vittore Baroni. Della storia del gruppo abbiamo già parlato in dettaglio a proposito del più recente, ottimo album Play & Remix Lieutenant Murnau; ma riassumendo citando la press release, il nuovo corso delle Forbici, dopo il singolo Vinyl Love Junkie del 92, comincio con Quadrivelogue (1995) un cd di "ambient-techno terapeutica", seguito subito dopo dalle "colonne sonore monumentali" di Luther Blissett - The Original Soundtracks, e nel 96 dal "rumorismo concettual-progressivo" di Trivelogue. Infine il "drum'n'bass ambient-technoide" del mini-cd Appy Polly Loggy e il "retro-avan-plagiarismo" del citato Play & Remix, che riprendeva l'innovativo progetto industriale-plagiarista iniziato dal solo Baroni nei primi anni ottanta. Le Forbici di Manitù tuttavia esistevano con altre formazioni fin dal 1983, e avevano inciso alcune cassette autoprodotte a partire dall'86. In sintonia con l'auto-plagiarismo che rappresenta uno dei fili conduttori del gruppo, questo Infanzia di M è in realtà un "lost album" del 1989, "restaurato e remixato" nel '99. La registrazione originale fu fatta da Massimo Pavarini, Gabriella Marconi e Manitù Rossi su un semplice quattro piste, e si trattava in pratica di un progetto "solista" di Pavarini (interamente sue le  composizioni). Non è del tutto chiaro quanto margine di intervento concedano le citate operazioni di "restauro e remix", le note ammettono solo una sovraincisione di pianoforte più tarda (nel '94) e in un brano; certo è che troviamo sia parentele con il suono delle Forbici di oggi (per lc c'è anche un brano, Nostalgia, ripreso pari pari su Play Lieutenant Murnau), che decise differenze: diremmo che Infanzia di M si stacca dagli altri cd finora pubblicati in ragione di una maggiore omogeneità di atmosfere (di solito assai più variegate), e di un minore (forse nullo) fattore di giocosità. Intesa non solo come musiche ironiche nella forma, ma soprattutto per il fattore appunto meta-linguistico (dalla citazione alla strizzata d'occhio al gioco concettuale) che è spesso presente come di più nella musica del gruppo. Dovendo dare definizioni, Infanzia di M è un lavoro di melodica medieval-industriale, molto atmosferico e suggestivo nell'abbinare sonorità cameristiche (flauto e pianoforte sono protagonisti di diversi brani) e rumorismi concreti e, talvolta, ritmi sintetici.
Estremamente curato è il bilanciamento tra gli elementi: il flauto debussyano di Gabriella Marconi viene sovrastato da ritmiche marziali post-Laibachiane in Sette casse d'oro, mentre nella lunga Il plusvalore e l'assoluto le viene prima accostato un delicato tappeto di synth dall'effetto inquietantemente kubrickiano, e progressivamente entrano in primo piano nei due canali stereo rumorismi di contatti elettrici di chitarra e effetti spaziali di synth. Nostalgia è il già noto brano per piano-/tastiera, flauto e bruschi crepitii di jack. Un ipnotico tappeto di synth incornicia anche Officine Lombardoni, per il resto fatto con rumorosa ritmica tecno, sbuffi industriali e (pare) gufi in sottofondo. E ancora un clima kubrickiano (nel senso del monolite di 2001) creato da un vento-rombo di tastiere in sottofondo, torna poco più avanti in Zero in complimenti, all'inizio caratterizzata da campane allucinate e invece in tutta l'ultima parte da fragori metallici immersi nell'eco. Proprio un pezzo medievale (basato su un brano del 500) è la brevissima Sol proficuo, con tanto di tamburo e finto-piffero, screziata da scordature di chitarra, che rappresenta in un certo senso la fine del disco: il brano successivo finale infatti, pur appoggiandosi su un drone di tastiere, ha percussioni soffuse sambeggianti che lo rendono più morbido e gli danno un tono ambient che il resto non ha; gli interventi di piano però (che assieme a disturbi rumoristici di chitarra costituiscono l'unico elemento di "movimento" del brano) mostrano la stessa calma che è uno dei tratti distintivi di questo cd.

Walter Rovere