Ektroverde 
        è il progetto parallelo, di orientamento elettronico, nell'accezione 
        più ampia del termine, scaturito dalla debordante fantasia del collettivo 
        Circle, ovvero della più importante  
        e prolifica band finlandese in ambito psichedelico/progressivo. Una realtà 
        apparentemente marginale quindi, appollaiata sul tetto del mondo, eppure 
        seguita da un discreto numero di appassionati se è vero che la già sterminata 
        discografia dei due gruppi viene di volta in volta esaurita in fase di 
        prenotazione, e che un'etichetta prestigiosa come la newyorkese Feldspar 
        ha iniziato a rimetterla in circolazione attraverso la ristampa del bellissimo 
        Pori, un album dei Circle di pochi anni orsono cui si spera possa far 
        seguito il resto della produzione.  
        L'attivissima coppia di destabilizzatori sonici Snowdonia/Mizmaze aggiunge 
        ora il suo contributo ad una diffusione internazionale della singolarissima 
        creatura Ektroverde, attraverso la pubblicazione di Integral, disarmonica 
        suite strumentale in Otto movimenti all'insegna del minimalismo ipnotico 
        e dissonante. Per la verità, l'inizio di lntegral lascerebbe presagire 
        tutt'altro, con la noncuranza post-rock di Harvest, dal piglio 
        chitarristico lievemente sincopato, e con l'atmosfera irreale di Tractors, 
        dove un pianoforte sospeso nel nulla, percussioni sparse, un clarinetto 
        basso, arrivano alla spicciolata ad una conferenza che tarda ad aggregarsi 
        in un'entità definita. Ma un avvio così etereo è presto messo in crisi 
        dal ruvido trancescape di Orange e Therefore, le cui visioni 
        vagamente psicotiche diventano ossessione allucinata in Pendant, 
        senz'altro l'episodio più gravido di scorie materiali; una nuova trasparenza 
        spacey ed incorporea viene a poco a poco recuperata in Gradient 
        e Odd Trip, ma è solo il gelido preludio ad un catartico finale, 
        laddove schegge di rumore avvinte in una possessione minimalista rendono 
        Tanzania la porta di ingresso di un incubo spettrale. Integral 
        è dunque un trip sperimentale con alcune tracce piuttosto ostiche, abbastanza 
        distante dal siderale space-rock dei Circle, abbagliato da melodiche dissertazioni progressive: per entrambi 
        i versi, la curiosità di conoscere cosa succeda sul tetto del mondo è, 
        in ogni caso, ampiamente ripagata.  
         
        Enrico Ramunni 
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