Avevo avuto il piacere di conoscere gli Egokid l'anno passato con il loro eccezionale demo "Sean Connery Vs. Man-Uro", e sono contento che i nostri abbiano trovato un contratto presso la Snowdonia, etichetta perfetta per pubblicare il loro avanzamento da territori funk e jazz verso raffinati e preziosi arredamenti sonori puramente pop-rock. Un pop leggero dall'approccio obliquo, dove le tastierine casio e i vari effetti elettronici regalano atmosfere sognanti e mai pedanti.

Belagente è l'esempio lampante di questo connubio: tastiere ed effettistica varia che si miscela all'umoralità delle chitarre, le quali passano dal fraseggio più lieve alla distorsione fino al solo, e condotti per mano dal cantato di Diego Palazzo. Ricetta che si ripete nella pregevole Girl From Venus (scritta dai Maisie), che privilegia il ruolo dell'acustica in Helen e che in Burdizzo Bloodless Castrator diventa una piccola cavalcata indie-pop, a base di riffs incisivi. Nonostante ciò le perle di questo disco si nascondono altrove, laddove l'elettronica riveste un ruolo più pregnante o la sezione ritmica fa sentire più in profondità la sua presenza: è il caso dell'iniziale "Hetro Retro Homo Superior" (ottimo incipit), di "Any 1000 Creatures" (con il suo coinvolgente spirito psichedelico-tastieristico), della bellissima Grey (con le sue sbilenche movenze Pavement-iane) e di Brother Model Or Mobile Brothel, un lungo decorso di ambientazioni gaudenti dove il pop-rock degli Egokid raggiunge una conformazione precisa e netta (forse la traccia più "completa").
La title track è invece volutamente un capitolo a parte: si presenta come una stanza adibita alla sperimentazione, dove i suoni vengono condotti e poi lasciati in balia del loro fluire e confluire fra loro; tastiere che giocano con chitarre mentre osservano il cadenzare del tempo creato dalla batteria... Otto minuti di pura musica "ambientale". La traccia fantasma riprende poi il rilassamento compositivo e la verve improvvisativa della title track, restando però solo un'ammasso di suoni cupi e crudi lasciati a se stessi, come fossero in stand-by.

In sostanza, il debutto degli Egokid è una ventata di aria fresca nel nostro panorama pop-rock, che riesce a coinvolgere senza essere derivativo e che riporta in auge tutta una serie di passioni per le più disparate accozzaglie elettroniche (quali le tastierine casio o altre strumentazioni bizzarre), che non sono elemento di secondo piano ma protagonisti creativi all'interno delle strutture dei brani.
È purtroppo anche vero, che un minore minutaggio avrebbe giovato al disco, ma per un debutto e per quei sei pezzi notevoli che ivi sono
contenuti, è giusto esserne ben soddisfatti.


Alessandro Grassi