Un titolo di quelli che ti strappano la curiosità con il forcipe: passi per Bacharach, ormai da tempo sdoganato anzi di casa presso i più alternativi lidi pop-rock, senz'altro più desueta è invece l'evocazione del compositore Bruno Maderna (a cui si devono - tra i '50 e i '60 - pionieristiche modulazioni di musica concreta ed elettronica in chiave umanistica). Poi, qualche giorno fa, leggo l'intervista rilasciata da Cinzia La Fauci al nostro sito e la trovo sbrigliata, acuta, sincera. D'un tratto la pressoché totale ignoranza riguardo al catalogo Snowdonia mi pesa come un macigno. Giocoforza mi sveglio la mattina dopo con poche ma chiare idee in testa: tra di esse, l'impegno concreto di investire tempo e pecunia in qualche titolo snowdoniano. Così, a stretto giro di mail, manifesto a Cinzia i miei desiderata invitandola a scegliermi cinque titoli rappresentativi, tra cui almeno due Maisie. Lei mi risponde che un solo Maisie, l'ultimo, è più che sufficiente. Alla sua completa mancanza di partigianeria (o se volete eccesso di modestia) va quindi co-imputata la mia nulla conoscenza riguardo alle precedenti opre del duo composto appunto da Cinzia (voce) e dal di lei compagno Alberto Scotti (diavolerie elettroniche e chitarre).

Notizie di sponda riferiscono di frantumazioni schizoidi, strutturazioni ardite, bizzarria dissacrante e propalazioni angolose. Fatto sta che questo BFPBMS (condonatemi l'acronimo) stempera gli spigoli in una forma pop ammaliante, tratteggia quadretti asprigni non privi di sbrigliata alterità, soffrigge ironia e strisciante inquietudine con la benedizione di testi impiallacciati d'assurdo, spregiudicatezza e disarmante spontaneità. La barra è puntata verso un pop pervaso di nostalgie kitsch e blasfemia postmoderna, tanto ricco di spunti e sfaccettature da sembrare compendio e riflessione sul tema senza cadere nella trappola della speculazione pura, ma anzi dipanando situazioni anche - perché no? - intriganti, anche - certo - fascinose, anche - oddìo - orecchiabili. Con una storta ironia ad aleggiare sghemba e sagace su tutto.

Sostenuti da una pletora di colleghi e (presumo) amici che squadernano il suono in un ventaglio stordente di possibilità e soluzioni (archi e marimba, cimbali e campane, sax e tastiere, drum machine e pianoforte, mandolini e trombe, voci e nastri...), i nostri cari angeli di dissoluzione confezionano ben diciannove tracce, altrettante occasioni di meraviglia o disincanto, stordimento o pura distrazione. Felicemente slegate anzi legate da una programmatica propensione al subbuglio stilistico, humus da cui sboccia la piantina gagliarda del talento, quello di chi coerentemente si spende a non rassegnarsi alla gradevole accondiscendenza della "normalità", significasse pure doversi accontentare di un gioco periferico, prodigo di sbattimenti e perniciosamente parco di soddisfazioni.

Ben vengano allora il quasi tweepop di Sipsysolly e il synth pop salace di Ambra And Her Fans, il tango vaporoso di Flight Song #7 e quello singhiozzante in country robotico di I Am Not A Fucking Vegetarian, il dub versicolore di Listen, It's Obsessive! e la soundtrack da giardino zen di Easy Tune For Simon Jeffes, il fiabesco gotico à la Eels di Sense Of Speed e la sclerosi Belle And Sebastian di I Am Sad, il terrorismo cibernetico della conclusiva William Lustig e... Bla bla bla.
Ce n'è d'avanzo per tutta l'estate. Ce n'è, ed è carne che sfrigola su griglia digitale per tutti i
neuroni affamati di polpa bulbosa.

Il futuro è già passato, ma non ce ne siamo accorti. I Maisie ne fanno un ritratto che sembra una caricatura, a cui la verità soggiace per una volta ininfluente. Rivelata dal ghigno di una finzione molto, molto seria. (7.5)

Stefano Solventi