Un disco tributo agli Stooges? Un disco tributo agli Stooges. Cioè la band con più controcazzi della storia e via discorrendo. Lercio, scintillante, facinoroso. Postmoderno. Paratattico. Implacabile. Ce n'era bisogno? Ascoltatelo, e vi sembrerà di sì. Vi sembrerà necessario. Anzi divertente, adrenalinico, sgranaginocchia. Utilissimo a capire un altro minuzzolo di questo strano menage che ormai irrimediabilmente ci incatena all'albero della cuccagna rock.

Giostra omeopatica che fa riemergere l'impronta di riff tosti come cubi di granito, febbrili come bestie ferite, quelli che neppure più ascoltiamo tanto li teniamo dentro, tanto li diamo per scontati - e che palle questi vecchi bacucchi seventies, calligrafie spente, incubi impagliati, stradari fuori corso. Invece, miracolo, stavano lì dietro (dentro) in agguato, più antidepressivi del prozac, più dannosi dei gas di scarico: bastava stuzzicarli, pensa te, per farli drizzare sulle tombe.

"Dalla cintola in su tutto il vedrai", Mister Pop - Iggy per gli amici - si staglia nell'interno copertina splendido e terribile come uno zombie al neon. È presenza più che virtuale, giacché Egli non ci ha messo mano, eppure incombe nerboruto e ferace, addirittura icastico nell'inconsulto splendore del formato Snowdonia (toglietevi dalla testa di farlo stare sullo scaffale tra Fun House e Raw Power, vi scivolerà in ogni dove).

Bene, benissimo hanno fatto dunque Cinzia (La Fauci) e Alberto (Scotti) a evocare un plotone di moderni fattucchieri allo scopo di riprocessare quelle antiche, gloriose, scellerate intuizioni. Nei loro fetidi marmittoni (o laptop) infatti quelle melodie a coltellata trovano ombre nuove in cui balenare e colpirti a freddo, si caricano d'energia bastarda, ti dimostrano quanto può essere archetipo un urlo abbastanza primordiale: I Wanna Be Your Dog, 1969, No Fun, Real Cool Time, Little Doll, questi ed altri i misfatti rielaborati una e più volte, sordide fisionomie che si avventano come spettri bavosi, scuotono le ossa con afflato cibernetico, mormorano brontolii ruggenti, frustano sordidi e viziosi.

Gli assalti condotti da corsari più o meno rinomati (il motorismo attonito e spastico dei God Is My Co-Pilot, la solennità sintetico-sbarazzina di Solex, l'avanguardismo rumoroso degli Oxbow e la veemenza uterina delle Frank Chickens), grattano la corteccia del raccapriccio, il callo del tanto peggio tanto meglio, la poltiglia dell'indifferenza.

Magari non tutte le 24 tracce in programma mantengono lo schiaffo promesso, cedendo ora a leziosità faciline (la 1969 degli Etoile Filante sembra una riedizione del famigerato Primal Scream-Kate Moss) ora a trepidazioni fin troppo risapute (la post psych di Dean Roberts), però i Culo Negro - per dire - spaccano il suddetto d'abrasivo improv-punk con la 1969 più tosta dai bei tempi, gli Ectogram fanno un tale cinerama di No Fun che al confronto certi Stereolab sono in bianco e nero, mentre tra le graziose manine delle Allun la perversione disperata / volitiva /esistenziale di I Wanna Be Your Dog diventa conato d'incubo mal digerito. Nel complesso, l'oggetto può ben dirsi singolare, dalle prismatiche rifrazioni, lussurioso o letale dipende da come e dove lo prendi. Mai innocuo, in ogni caso. Avvinghiato ai fianchi e pieno di cattive intenzioni. (7/10)

Stefano Solventi