All'infanzia si guarda sempre con i nostri occhi da adulti, una prospettiva che va a cogliere nostalgia, bei ricordi ed anche sgomento e tristezza. È sempre uno sguardo dall'esterno però. Gran cosa sarebbe riuscire a essere realmente infantili, nel senso ampio del termine, privi di mediazioni e filtri razionali. Agli artisti forse è possibile l'impresa, e nei Tottemo Godzilla Riders ne troviamo la realizzazione. È giusto introdurre questo disco però precisando che il disco contiene la musica di tre progetti diretti da Nicola Mazzocca, musicista casertano, che la Snowdonia ha condensato in questa unica opera. Dall'ascolto si capisce però che un certo qual distacco, inevitabile, tra le parti è attenuato da un fil-rouge che guida il modo di realizzare musica da parte dell'artista casertano e dai suoi compagni. I Tottemo Godzilla Riders sono la sua ultima creatura e aprono il disco. Infanzia si diceva: 8 brani che, appunto, sembrano descrivere un viaggio in un luogo inedito da parte di un bambino: stupore, divertimento, gioco, perversa inquietudine. I brani sono semplici in apparenza, ma la varietà di toni che assumono, passando dalla grazia di Shiba Inu, l'equilibrio tra dolcezza e inquietudine di "Più", il meccano distorto di Godzilla Ga Kita!!, fino alla calda e giocosa intimità di Onaka Ga Suita... (Godzilla's Psichedelic Breakfast?...), lascia sorpresi. È il mondo del bambino che si apre all'altro, dove questo per Nicola Mazzocca si incarna in Tae Tokui, giapponese, cantante e musicista, che riesce ad amplificare l'approccio apparentemente spontaneista verso la musica dell'artista napoletano, e l'apporto della giapponese è sensibile. Gli altri due progetti che seguono (ma che hanno preceduto i Tottemo in ordine temporale) però non sfigurano:  disegnata in maniera naif, ma non per questo banale, la musica dei Klipp/Kloppa e dei Soundish, così come quella dei Tottemo, è alla fine un consapevole sguardo al pop inteso come istintività e libertà, dove gli oggetti, gli strumenti e i loro suoni, si possono manipolare a piacimento, lasciandogli così l'identità ma allo stesso tempo donando loro una forma inedita. Un pop che sa essere spesso garbato, quasi intimo, ma anche ossessivo e inquietante, con apparente naturalezza cercato e trovato, che salta senza freni dal power-pop, a malsane turbolenze noise, al folk, a improvvisazioni quasi avanguardiste. Tanta carne al fuoco riesce comunque a regalarci un numero sorprendente di melodie che rimangono impresse già al secondo ascolto, e fa pensare a un artista che potenzialmente potrebbe prendere con profitto diverse strade, non necessariamente nella stessa direzione.

Da bambini, appunto, prendiamo gli oggetti in mano e li trattiamo come più ci aggrada: li tiriamo in aria, li sfasciamo senza ritegno, li usiamo per cose per cui non erano stati pensati, li amiamo:
è uno sguardo diverso al mondo che non si ripeterà. Che fortuna essere musicisti!
(7,5/10)

Paolo Sforza