Sarà il caso di mettere le mani avanti (ogni tanto fa bene) non ho ancora stroncato un disco Snowdonia. Controllate, controllate pure. Tutti bei voti, ben oltre la sufficienza. Qualcuno potrebbe (legittimamente) pensare a qualcosa di marcio, del tipo Mr. Scotti e Mrs. La Fauci corrompono quel fetente del Solventi con spedizioni periodiche di cannoli e procaci bellezze mediterranee. Nulla di tutto ciò (purtroppo).
La spiegazione è semplice: non mi sono ancora imbattuto in un brutto disco Snowdonia. Mi farebbe quasi piacere, mi toglierebbe l'impaccio. Invece, rieccoci: Dontcareful (aka Marco Ferrari e Nicola Zaroli) hanno sfornato un disco della madonna, cui l'ineffabile casa siciliana ha fornito apparato grafico nello stile che ben sappiamo (genialoide e disarmante, bislacco e obliquo, provocante e provocatorio).
S'intitola Linings ed è una follia electroclash-funk-techno-jungle, ovvero come potrebbe suonare il futuro marcio, cinico e sprezzante che certamente ci attende. Però un futuro nostalgico del passato, anzi un futuro che sembra passato: suono artificiale stretto nella gogna tecnologica degli ottanta e novanta, rock stritolato techno, dance illiquidita & infestata, sdrucciolevoli ambiguità e superfici patinate vaselina-neon.
È un disco divertente e feroce, divertente e lubrico, divertente e sarcastico, divertente e amaro. Le trovate soniche si susseguono, si sormontano, si avvolgono (si prenda l'irresistibile motivetto minimale di Dwarves dance tra mantici radenti e grasse emulsioni electroclash, oppure le compulsioni ritmiche tra laminati di luce wave in Big Shoulders, oppure l'incrocio di fendenti punk-wave in coltura radioattiva di Session two). Minacce e scudisciate, perversione e malauguri, sintesi aspre che divorano gli ammiccamenti da esse stesse apparecchiati.
A tratti sembrano un miscuglio di Aphex Twin e Prodigy a testa bassa e senza troppi fronzoli a fronzolare (Keep 9 seeds), altrove degli Underworld in anfetaminico orgasmo Suicide (Lawyers don't play bass), ora un George Michael dopo provvidenziale outing pornografico (l'iniziale e iniziatica Devil in Mr. Jones) e addirittura un Manu Chao caduto nella tagliola dei più turgidi Depeche Mode (I need lies).
Non è facile insomma mantenere la calma, le coordinate sbarellano tempo due tracce, tanto vale abbassare le difese: specialmente di fronte a The game about you (pazzamente funky in concitata-beffardella rincorsa dance) e Horses & porn (perversamente funky tra liquori e liquami, zampettii androidi e innesti di bossa aliena).
Aggiungete a questa carrellata di orgiastiche sensazioni quell'aria da più idee che mezzi, da genio disperso in chissà quale macchia periferica, e il gioco è fatto: una delle più belle sorprese dell'anno.
P.S. Cinzia, Alberto, la prossima volta anche un pò di cassata, cortesemente. -
(7,6/10)

Stefano Solventi