Comincia il 2004 ed è bello vedere che quanto di buono ci si è lasciati alle spalle ritorna ad allietarci anche quest'anno. In particolare l'etichetta messinese Snowdonia, facente capo ai due Maisie (rispettivamente Cinzia La Fauci e Alberto Scotti), sembra avere già pronto un succoso programma di uscite che conferma l'impegno e la passione dimostrati in passato. Forte di una crescente qualità delle musiche proposte, della distribuzione Audioglobe, e di una attitudine umoristica che trova continui consensi, Snowdonia potrebbe trovare quest'anno la definitiva consacrazione (qualsiasi cosa significhi questa espressione).
La prima uscita è targata Plozzer, musicista di cui poco è dato sapere, visto che è all'esordio ufficiale e non dispensa molte informazioni su sé stesso. Quello che interessa però è la sua musica, un'elettronica che si muove negli ambiti della musica da ballo e dei dj, ma che tradisce una passata frequentazione del rock (indipendente). I nomi a cui mi sentirei di accostarlo sono quelli di DJ Shadow e Chemical Brothers, indipendentemente dalla definizione migliore per descrivere il genere che praticano (ne esce una nuova tutti i giorni). Insomma, Plozzer compone i suoi brani attraverso il riciclaggio di altri materiali, copia-incolla, campionamenti; e allora ecco che sotto le orecchie transitano, riportati a nuova vita, estratti dei più improbabili artisti, con una predilezione per il funk (You better play it), il lounge (lI ribelle revisited) e il drum'n'bass (What we did in our holidays), con sporadici sconfinamenti nella bassa fedeltà (The rock'n'roll singer) o nella psichedelia (Charter two: the optimist meets), per non parlare delle contaminazioni col rock alle quali appartiene Peter's Green, forse l'episodio più riuscito. Ovviamente poi scatta il gioco di riconoscere l'origine dei vari campioni, a cui preferisco astenermi perché, lo ammetto, sono davvero troppi.
"Potevamo stupirvi con effetti speciali..." recitava un vecchio slogan pubblicitario, ma Plozzer preferisce stupire con effetti "normali" o, per meglio dire, ciò che dovrebbe essere la normalità per un disco di musica: una buona qualità media di tutti i brani, una definizione dei suoni calibrata, una cura per la scaletta che ne intensifichi il valore attraverso la successione dei singoli episodi. Quindi niente di assolutamente nuovo in termini concettuali, ma si tratta comunque di un album che vale la pena di ascoltare dall'inizio alla fine. A pensarci bene è meglio così. Di "fenomeni" in giro ce ne sono anche troppi, buoni dischi invece se ne sentono pochini.

Massimiliano Osini