Nati nel 1999 dalle testoline matte di Riccardo Amabili e Marco Canala, i marchigiani Scarapocchio rappresentano l'ennesima sorpresa a effetto offertaci da quella label un pò seria un pò fasulla (un pò tutto il resto) che risponde al nome di Snowdonia. "Attenti, sono felice" - la cui pubblicazione è attesa per il prossimo 1° settembre - è, infatti, esordio sorprendente: originale (ma non troppo...) guazzabuglio "nerd" tra il Battiato più spericolato dei primissimi anni 80, gli Skiantos, i CCCP e, magari, se si vuole, anche qualche traccia robotronica di Add N To (X).
Il manifesto più immediato di questo patchwork demenziale e sarcastico, (auto)ironico e pungente, è nell'iniziale Bafe/Alfe, isterica commistione tra i Devo e la band di Freak Antoni. Che i due ci sappiano fare, lo dimostra Spermicidio, pop-song circolare dalla cantabilità assassina. Hit radiofonico di qualunque altro mondo possibile. Negli stessi parametri si mantiene la straniante Butterfly, mentre Pistola vira il discorso "poppy" in goliardia sinistra, dai toni sloganistici. Il finale, con fasce avvolgenti di synth, dimostra, nel caso ce ne fosse bisogno, che il duo ha anche una certa padronanza del mezzo sintetico. Il che non fa mai male... Endoscopia si permette il lusso di giocare al rialzo con le ritmiche e le tastiere. La successiva Mangime, invece, è ballata-parodia costruita con scampoli di hard-rock "processato", liriche inarrivabili ("Il mangime delle vagine è una specie di concime che serve al naturale sostentamento dell'uomo" e, ancora "Non hai mai cercato il mio punto G") e delirante finale hyper-thrash. Umori devianti e tragicomici fanno capolino dalla filastrocca in formato tascabile di Tabaxo, intanto che Transistor gioca a rendere "arty" e indie-chitarristico una struttura base finto-pop, ma come se i Subsonica scegliessero di darsi un particolarissimo retrogusto robo-funk. Il vertice "idiota" del disco arriva, comunque, con l'ottovolante synth-punk demenziale di Jimbo (altri versi immortali... "San Pellegrino che aranciata esagerata, quando la beveva si sentiva molto male!"), con coda per voci trovate e una nota solitaria di basso che scivola man mano nel dimenticatoio). La conclusiva Butterfly accumula in un angolo un basso da gioventù sonica, una chitarra inerme e una voce dimessa. Una ballata "negativa", che si trascina fatalista, per poi cercare redenzione dentro un ritornello inchiodato a squarciagola come epitaffio in-sensato di un disco che fa del non-senso, della dissacrazione voluta e reiterata, il suo punto forte. Insomma: un esordio promettente. Chi vivrà, vedrà...
(6,5)

Francesco Nunziata