Certo che il signor The Finger deve avere coraggio da vendere ad uscire nell'anno di grazia 2004 con un disco come "Sugar Plum Fairy".

Basta dare un'occhiata all'azzeccatissima copertina per capire che stiamo navigando in acque decisamente lontane dalle rotte commerciali normalmente battute e che il chitarrista Franco Di Terlizi, The Finger appunto, abbia una vera passione per l'evocare gli ectoplasmi della musica americana d'annata, quella delle ballads acustiche alla Kris Kristoferson e alla Keith Carradine, oppure per la Nashville rurale e festante di Robert Altman, per gli slide westcoast svisati un pò Jerry Garcia e un pò Pink Floyd prima maniera, tanto per tornare alla nostra cara vecchia Europa.

Ma se si trattasse di un'operazione di collage attraverso roadsongs degli anni Sessanta americani, allora il discorso sarebbe già chiuso in un'inutile opera revivalista fine a se stessa, destinata ad impantanarsi alla prima sbandata. Invece no, il buon The Finger non ci casca - nonostante molti sostengano tuttora che sia passata così tanta acqua sotto i ponti che non se ne accorgerebbe nessuno se qualcuno bara - per lui reinventare è lecito e copiare è scortesia - così data un'occhiata alle grandi lectio magistralis in fatto di riletture del passato che i Mercury Rev e gli Sparklehorse hanno tenuto davanti al popolo rock negli anni Novanta, egli ci ha messo del suo e la cosa gli è riuscita anche piuttosto bene, dato che ha evitato di premere a fondo su echi e distorsori nei finali, i rumori di fondo una volta tanto sono veramente di fondo, ed i suoni elettronici modulati con parsimonia e tenuti come basso continuo a far da sostegno alle linee di chitarra.

Comunque un appunto lo devo muovere, va bene che le nuove regole del rock non lo prevedono più e che di questi tempi bisogna mantenersi sobri e scarnificare le melodie più che si può, ma un qualche assolo ogni tanto non ci sarebbe stato proprio male.

Detto questo, il disco non è assolutamente di difficile ascolto e presenta momenti decisamente riusciti come When it rains e Old dead Flowers.

Secondo me è da ascoltarsi soprattutto nei periodi freddi oppure se si deve affrontare un lungo viaggio in macchina con la voglia di andare piano e guardare fuori dal finestrino, e soprattutto da soli.


Infine bisogna segnalare che la prima autoproduzione "Everyday was Summer" del 1999 ha avuto un grosso apprezzamento dalla critica, ed alcuni brani sono stati inseriti in compilation, come Mardigras lanciata in una raccolta di gruppi emergenti dalla casa discografica svedese Iradidiorecords. E se lo dicono gli svedesi...

Diego Dal Medico