I Maisie vivono a Messina, città nella quale, oltre ad essere attivi in qualità di musicisti, gestiscono anche una lodevolissima etichetta indipendente, la Snowdonia, che si occupa di produrre artisti con proposte musicali che si distinguono per originalità (verrebbe da dire bizzarria, scorgendo tra i gruppi della scuderia nomi quali Scarapocchio, Larsen Lombriki, Faccions, ed un disco intitolato “Lo Zecchino d'oro dell'underground”, bimbi che interpretano brani di gruppi, per l'appunto, "underground") e che incontrano non di rado il favore della critica specialistica.
È il caso di questo ultimo loro lavoro, Morte a 33 giri, salutato da svariate riviste come opera di grandissima qualità.
È mia convinzione che l'album si avviti splendidamente attorno alla Dicotomia. Difatti:
1) E' un concept coerente eppure profondamente schizofrenico.
Coerente nel discorso testuale, tutto imperniato sul tema del disagio degli autori verso il mondo attuale, disagio che pare aver origine nella presunta vacuità degli anni'80 e procedere sino agli odierni scenari televisivi ("Maria de Filippi, vergine tra i morti viventi", titola uno dei brani), però schizofrenico nella composizione strumentale, che si avvale di una copiosa effettistica, unita agli strumenti della tradizione pop ed all'uso reiterato di violini, per tracciare un percorso arabescato, curioso di lambire, senza perdere d'equilibrio, l'ampio spettro di opzioni comprese tra il pop sintetico e la suite apocalittica.
2) Le timbriche del cantato.
Gli illuminanti squarci surreali dei testi sono affidati a due voci femminili in contrappunto (Carmen D'Onofrio è la sensuale dark lady soprano, Cinzia La Fauci è la bambina impertinente), calibratissime nei tempi e nel gioco delle sovrapposizioni.
3) O Duran o Spandau (e tertium non datur).
Apre il disco una cover di "Ragazzi di oggi" del teen-idol sanremese Luis Miguel, cantata come in un cimitero la notte di Halloween, la fisarmonica di "Vivan la cadenas!" offre dieci minuti di toccanti istantanee sul presente, tra le quali spicca quella che raffigura la vanagloria dell'autoelogio (te ne accorgi sul balcone di cui ti vanti/che forse tre metri quadrati non sono poi tanti). "L'inverno precoce" è un Baustelliano racconto cine-pop di un amore solo immaginato, Sistemo l'america e torno è una cadenzata ninna-nanna con poca luce, in "Sottosopra" fa capolino Bugo, caos, malinconia, ed un volo sopra il mondo come unica possibilità di evaderne, guidati dall' assolo finale di un flauto.
Il brano "Morte a 33 giri" sintetizza uno dei motivi ispiratori del disco, grazie alle stridenti voci filtrate che emergono tra i beat ed i rumori programmati da Alberto Scotti e le preziose rifiniture chitarristiche di Paolo Messere, a chiosare il discorso con l'insistito aut aut che recita O Duran o Spandau.
Gli elementi eterogenei presenti nel disco risultano ben difficili da bollire insieme in pentola, ma se la zuppa è cucinata dai Maisie c'è da leccarsi il baffo.

Voto: 9

Diario di DrFloyd76