Rifletto su quello che l’ignoranza, bestia vigliacca che deride e fustiga l’uomo suscettibile, prescrive al mondo odierno; rifletto sull’ignoranza dei politici, sull’ignoranza di chi impartisce regole che, forse, non verranno mai applicate. Rifletto sull’ignoranza di chi colpisce il mondo senza alcuno scrupolo verso il prossimo, rifletto sulla tristezza che agglomera l’intero globo terrestre. Imparo a macinare sentimenti, emozioni, opinioni; imparo a criticare l’ignoranza di una band che, trascinata da quella belva codarda, rimane anchilosata su di un genere musicale. Rifletto sulla futile ignoranza astratta di quella band che, per svariati motivi, non vira il proprio stile.

Il caso dei Maisie respinge e confuta le mie riflessioni banali, personali. Provo a sviscerare il loro ultimo album, “Morte A 33 Giri”, che isola i precedenti lavori discografici che, almeno apparentemente, oscillavano fra la psichedelia di Barrett e la wave dei Residents. Provo ad isolarmi, provo ad analizzare una band che si ri-presenta con un nuovo look (ora con Cinzia La Fauci e Alberto Scotti, anche Paolo Messere e Carmen D’onofrio, Blessed Child Opera), un nuovo, morbido, vestito che li rende più semplici, più italiani (lasciano l’inglese per cantare totalmente in italiano). Provo ad immergermi nella loro cultura di un gruppo che, dopo aver assemblato album sofisticati e sperimentali, sprofonda nel synth-pop italiano (quello degli anni ‘80) e nella tarda new wave (gli ultimi Wire, ad esempio) per sfornare dodici perle ghermite dalla genialità di Scotti, tessitore di lunghe, algide e contraffatte, ragnatele elettroniche.

I Maisie, circondati dagli amici dell’underground italiano (Bugo, Stefania Pedretti - Ovo/Allun, Riccardo Amabili - Scarabocchio e Tae Tokui - Tottemo Godzilla Riders), si riprendono quello che l’Italia del pop ha tralasciato negli ultimi anni, si riprendono la canzone italiana pur non tralasciando innocui accenni post-punk. Con La Fauci e D’onofrio alla voce, la band guarnisce i brani con deliziosi, ironici, rimati, eleganti e passionali testi (“Morte a 33 giri”, “Vivan las cadenas”, “L’inverno precoce”, “?Uma.no”, “Finché la borsa va lasciala andare”, “Una canzone riciclata”) che invadono e schiacciano la psiche umana. “Morte A 33 Giri” è il capolavoro targato Maisie, il capolavoro che mancava alla scena dell’underground italiano, il capolavoro che sa d’Italia, il capolavoro che Tenco avrebbe voluto ascoltare e firmare. Lineare, unico, coinvolgente, amabile, Maisie. (10/10)

Francesco Diodati