A leggere sul retro le due etichette interessate già si capisce a cosa si va incontro. Si tratta della Snowdonia (Maisie, Fausto Balbo, Aidoru) e del Madcap Collective (Father Murphy su tutti): label interessate alla sperimentazione, alla rivisitazione e alla dissacrazione del verbo del rock. L'artefice ultimo di questo coerente processo artistico che collega le esperienze delle case madri è Gomma Workshop, monicker dietro il quale si nasconde Vittorio Demarin, già autore di quell'“Almanacco moderno” che, l'anno scorso, ci offriva dieci esperimenti sonori che parevano variazioni sul tema della “Revolution 9” di beatlesiana memoria.
Cantina Tapes” ci propone - al di là del parodistico titolo - un viaggio senza interruzioni dimentico dei confini di genere e dei canovacci stilistici, qui visti come prigioni dalle quali si vuole evadere. La musica si alimenta attraverso un'attenzione onnivora per elementi delle più disparate tradizioni: l'etnico dalle eco cinesi, il folk, un pianoforte dal tocco jazzato, l'elettronica artigianale e i campionamenti costruiti col taglia-e-cuci. Tutti fattori che si mescolano e si fondono in un'opera priva di bussola ma con un obbiettivo chiaro e specifico: far avanzare di un passo il discorso artistico di un rock senza confini, non omologato e figlio di un'ambizione priva di qualsiasi eccesso retorico. Forse non è un pilastro del nuovo “pop” come in giro sembra essere considerato, ma il coraggio ha comunque dato splendidi frutti.

Hamilton Santià