In questo 2007 casa Snowdonia festeggia il decimo compleanno: nel 1997, infatti, usciva “Orchestre Meccaniche Italiane”, la prima produzione dell'eccentrica etichetta messinese. Poi mille cose: i dischi tutti belli dei Maisie (il gruppo padrone di casa), Bugo lanciato in orbita, quasi una cinquantina di produzioni in dieci anni, e ora, per questo 2007, un'altra manciata abbondante di nuove uscite. Tra queste, spazio ai livornesi Humanoira e al loro debutto “L'Arte Di Sciogliere La Neve”, che segue il demo “Rosa e Nero” del 2003. Storti, colorati, giocherelloni, teatrali e sonici, gli Humanoira sono un frullato di un miliardo di cose che fanno a cazzotti fra di loro. Come se Carmelo Bene avesse suonato la chitarra nei Sonic Youth, o come se Cristiano Godano cantasse filastrocche per bambini piuttosto che liriche alti(ssimo)sonanti. Come lo zucchero filato nella zuppa di pesce, o come una statua dedicata a Piero Fassino nella anarchica Livorno dei tempi che furono. Eppure riescono in qualche modo a dare una forma compiuta ai loro brani, strampalati, in cui si divertono a mischiare rock, pop ed elettronica, sax e chitarre elettriche, synth e vocoder. Anche i testi in italiano, ondivaghi e traballanti, a volte infarciti di apparenti nonsense, giochi di parole e allitterazioni, riescono ad infilarsi in testa come tormentoni da cui è difficile liberarsi.

Quindi spazio alla filastrocca sbilenca e ossessiva di “Nel raccapricciante scontro tra umorismo e noia”, così come alle caramelle e alle stalle della bella “Adios nonnini” – che poi non ci è dato sapere cosa sia successo nella stalla con la “carissima” – e poi spazio anche a “Radio Caronte”, che sembra presa in prestito dai 24 Grana, e ad una morbida (e molto bella) “…Perché il mio amore è pop”, con le parole che si rincorrono alla rinfusa, disordinate, a dire quello che uno vuole che dicano. Buone anche “L'arte di sciogliere la neve” e “Muschio”, forse i due pezzi più quadrati e "ordinati" dell'intero disco, in altre parole quelli più "canonici". Il primo sembra un pezzo degli Afterhours di "Quello che Non c'è", nel bene e nel male (nel male ora, nel bene una manciata di anni fa). Nel secondo, invece, si gioca a costruire un morbido tappeto strumentale simil-post rock a voci campionate: nulla di particolarmente originale, ma molto ben fatto.
Insomma, in questo disco c'è un po' di tutto: invenzioni e tradizione, fantasia, colori, rock, elettronica, parole, divertissement, ironia e poca voglia di prendersi troppo sul serio. Qualcuno lo potrebbe definire un disco sbilenco. Senza dubbio un disco Snowdonia. (3,5/5)

Thomas Paulo Odry