Una volta credevo / di essere un tipo allegro / ma poi mi sono accorto / che non era vero. / Scrivevo canzoni spiritose / ma erano noiose / e ora ho deciso che scriverò canzoni tristi / ormai non c'è più scampo per me”: così, a freddo, magari non è divertente, ma vi assicuro che difficilmente potete fare a meno di sorridere ascoltando queste parole dalla voce di Jet Set Roger, crooner bresciano che sembra quasi, nella canzone che abbiamo appena citato, una sorta di Jens Lekman italico. Ironia che filtra dalla malinconia, ma non solo. Il nostro uomo ha infatti parecchie frecce al suo arco. È un eccentrico, innanzitutto, di quelli che mancano tanto al nostro panorama musicale, anche se bisogna ammettere che c'è sempre chi, come Snowdonia, ha l'orecchio fino per questa tipologia di artista. Ed è un musicista eclettico, uno che riesce a mettere insieme riferimenti all'apparenza inconciliabili come Giorgio Gaber e i Diaframma: se “La madre di Rachele” è, per l'appunto, una sorta di ibrido tra il Signor G e i Kinks, uno spassoso vaudeville all'italiana, la title track coniuga il gruppo di Fiumani al tempo passato del beat anni 60. Come se i Baustelle assumessero vesti un poco più kitsch, o se Jarvis Cocker si fosse messo a guardare vecchie immagini di Studio Uno. Altro punto di forza i testi, che si muovono astutamente tra sguardo naïf e citazionismo divertito. A dirla tutta, qualche ingenuità, magari a livello di arrangiamento, c'è, ma non disturba mai la vena ispirata di un personaggio che meriterebbe una visibilità ben più ampia.

Alessandro Besselva Averame