Leggerezza senza superficialità .
La ricerca della credibilità in ambito musicale può essere un'arma a doppio taglio, se la si porta all'estremo, perché il rischio di dare l'impressione di prendersi troppo sul serio è sempre dietro l'angolo. Il problema opposto, almeno in Italia, è che le proposte ad alta componente di sarcasmo vengono troppo facilmente scambiate per esclusivamente demenziali.

Uno come Bugo ha dovuto andare avanti per anni a ripetere di non considerarsi un artista demenziale. E quanta gente ancora adesso non si rende conto che dietro  agli stessi Elio E Le Storie Tese c'è molto di più rispetto al primo impatto di demenzialità?

Il bresciano Jet Set Roger rischia di entrare in questo filone di “svalutati di successo”. Perché la sua è musica leggera nel senso letterale del termine. Suoni tanto limpidi quanto semplicissimi, senza alcuna ricerca di elaborazione, testi dalla rara immediatezza di significato, un senso della metrica che talvolta mostra di non essere ancora sviluppatissimo.
E anche qui la chiave di lettura corretta è da ricercare nella forza espressiva, che si nasconde dietro tale apparente banalità, di canzoni che banali non lo sono mai, ma che hanno la forza di far capire come questo artista riesca a cogliere aspetti apparentemente insignificanti della quotidianità di ognuno, ed a prendervi spunto per analisi mai pretenziose ma sempre acute e puntuali sull'essenza stessa della personalità sua e di chi lo circonda.
Le prime due canzoni sono, insieme alle ultime due, le più intimiste, nel senso di centrate esclusivamente sul modo di essere dell'autore. Probabilmente per far capire a chi lo ascolta qual è il suo approccio, prima di procedere nei racconti su ciò che lo circonda e sulle riflessioni che ne scaturiscono. “Forse ho capito il problema qual è, la vita sociale non fa per me, spendersi in futili chiacchiere per dare un profilo migliore di sé” ci tiene a chiarire subito Roger nella title track in apertura, e ribadisce così il concetto nella successiva Canzoni Tristi: “Avrei davvero voluto essere di compagnia, ma io sono così, non è colpa mia”.

L'ascoltatore così non può non aver chiara la lente attraverso cui Roger osserva i particolari che lo fanno riflettere su svariati temi, dalle persone che si danno arie da duri ma in realtà sono il contrario (Stupido Romantico, Playboy), alle coppie che stanno insieme ormai solo per forza e non più per amore (Al Cinema), alla vacuità che sta dietro il presunto obbligo di presenzialismo nella vita notturna alla moda (Piccolo Re Della Notte, Il Bar Dei Miei Sogni), a come certe differenze tra persone di diversa estrazione sociale siano più apparenti che reali (Il Tossico E Il Commesso).
C'è anche il momento delle velate fantasie che riguardano una donna con qualche anno d'età in più, che fondamentalmente nascondono l'ammirazione verso il suo spirito libero (La Madre Di Rachele), e si arriva al finale che, come detto, è lo specchio dell'inizio, con due brani come Sott'Acqua e Un'Altra Scusa, che riguardano i sogni e le difficoltà in ambito sentimentale di Roger.

Nonostante il tipo di argomenti trattati, non c'è mai un'ombra di pesantezza, ma, al contrario, il tutto fila via con grandi dosi di freschezza, spigliatezza ed arguzia, anche grazie al lato musicale, ideale veicolo dei pensieri dell'autore, perché, così come i suoi testi, anche il suono è sempre immediato, fluido e mai scontato, con interessanti alternanze tra canzoni veloci con la chitarra in primo piano, e ballate in cui a dominare è la tastiera.
Un disco, insomma, che merita molta attenzione, anche perché l'impressione è che l'autore, mantenendo intatte queste coordinate artistiche, abbia le potenzialità per sorprenderci ancora di più in futuro. (3,5/5)

Stefano Bartolotta