Non si potrebbe non definire “La vita sociale” come un disco giocato tutto sull'ambiguità. A partire dall'autore, Jet Set Roger , sempre incerto tra il proporsi come malinconico cantautore o come ingenuo autoironico, costantemente a cavallo tra il personaggio impostato e il narratore spontaneo. Anche il filo conduttore tematico che attraversa l'album si attesta sulle stesse coordinate: se è vero che il nostro racconta la propria visione del vissuto attraverso uno sguardo malinconico ed al contempo capace di strappare un sorriso. In questo contesto la voce diventa uno strumento indispensabile in quanto basata su un timbro e un'intonazione che riflettono serietà o ilarità a seconda del punto di osservazione: con il risultato di un andamento umorale costantemente oscillante.

Ma lo spessore dall'album, a ben vedere, è dato dalla forza della scrittura: che, muovendosi tra sonorità grossomodo orbitanti tra pop e rock e tutte già sentite chissà dove, si rivela sempre fresca ed esilarante. Così come esilarante è il mondo che Jet Set Roger restituisce incrociando musica e testi: un mondo, il suo, dove i momenti più malinconici possono avere un risvolto autoironico. Perciò questa “vita sociale” si pone come alternativa a quella “malavita” dei Baustelle, caratterizzata da una prospettiva esclusivamente malinconica, che pure viene a più riprese richiamata (Canzoni tristi, su tutte): e proprio per l'impiego di questa grammatica sonora ed esistenziale “La vita sociale” ci appare un lavoro d'interesse e di qualità notevoli.

Fbr