In Italia da qualche decennio abbiamo dei problemi con la musica cantautorale. Nel sottobosco indipendente si è creato un folto gruppo di poetanti, effemminati orrendi, con gli occhi fissi al Monte Parnaso ma la visione disturbata dal ciuffo alla De André. Jet Set Roger (aria, finalmente…) non è tra questi, e il suo album d'esordio, La vita sociale, lo dimostra senza mezzi termini. Divago un momento. A cavallo tra i settanta e gli ottanta, quando ormai le "corone" della canzone d'autore cominciavano a fissarsi in moduli destinati a rimanere tali per i decenni successivi, un'ondata di nuove voci e tendenze si stava facendo largo. Il cosiddetto "riflusso". Skiantos, Decibel, Camerini, Rettore lavoravano nel tentativo, riuscito solo a tratti, di aggiornare gli stilemi cantautorali a quanto stava accadendo in Europa con il punk e i suoi derivati. Anche a Sanremo venne registrato il cambio di rotta: basti pensare a canzoni (bruttine, per carità…) come Tulilemble di Domenico Mattia e Che brutto affare di Jò Chiarello. Ecco, Jet Set Roger comincia da lì: da quello che è forse l'ultimo tentativo di rendere popolare e attuale la canzone d'autore.

I tempi sono cambiati, naturalmente. E il ripescare l'estetica di quegli anni porta con sé un certo bagaglio vintage che può dare fastidio alle orecchie di qualcuno. Lì, purtroppo, è solo questione di gusti. Dalla sua Jet Set combatte questo rischio sfoderando un'ottima penna: a scrivere un pezzo come Canzoni tristi, con quel distacco e quell'amarezza, ci riescono davvero in pochi. Il disco procede compatto, coerente e scorrevole, tra momenti lirici (le bellissime Piccolo re della notte e Il bar dei miei sogni) e cabarettistici (La madre di Rachele), tenendo alta l'attenzione per tutti la sua durata. Un disco di canzoni, insomma. Strofa-ritornello, come ai vecchi tempi.

Il problema fondamentale de La vita sociale restano gli arrangiamenti. Se da un lato la volontà di fare canzoni è molto apprezzabile, è discutibile invece non essersi preouccupati un granché di aggiornare sonorità e atmosfere al 2007. La sensazione definitiva è che Jet Set Roger non abbia spinto fino in fondo sul pedale e che ci riserverà grosse sorprese per il futuro. Insomma, un po' come quando a scuola i professori dicono a tua madre che sei bravo ma non ti applichi. A proposito di scuola, Jet Set è di madrelingua inglese e canta in italiano. Questo sì che è stile.

Alessandro Romeo