Definire i Maisie già è cosa ben strana, prima di parlare del loro nuovo, mastodontico, album, è consigliabile informarsi sui variegati pareri espressi su “Balera Metropolitana” dalle principali riviste musicali on-line o meno e visitare il sobrio profilo myspace della band; saranno questi due semplici passi a fornire la prima certezza, i Maisie hanno una creatività torrenziale che coinvolge generando riflessioni altrettanto strutturate, complesse, riflessioni lunghe quasi quanto quella loro presentazione-biografia, che si apre con le parole “Assai lunga e appassionante è la formazione umana e musicale di Cinzia La Fauci e Alberto Scotti, membri fondatori dei Maisie”  e termina molte, infinite esperienze dopo.

I Maisie, band Siciliana di Messina con una lunga carriera indie alle spalle, producono (e non è un eufemismo) un doppio album da 44 brani, esattamente in quattro anni, continuando l'interessante storia dell'etichetta Snowdonia e virando, a livello compositivo, sul cut-up sonoro più ambizioso, “Balera metropolitana”, come suggerisce il titolo, non ha un genere, neppure di nicchia, non è pos-rock, non è no-wave, ma neppure è pop com'è stato scritto; se l'album non ha un genere ha tuttavia una direzione e dunque influenze (pop, folk, electro '80 e '90, vintage '70)  gli arrangiamenti sono ottimi e la scelta dell'italiano non è mai sembrata così naturale, a dispetto della storia, pur pregevolissima, della band.
  Accennare ai vari brani sarebbe difficoltoso, si rischierebbe di citare solo quelli che generano curiosità, "Voglia di cosce e di sigarette" e "La licantropia", le singolari cover; le collaborazioni "Ivana e Gabriella" con Flavio Giurato, “n. 79 - Istituto Marino” con Mario Castelnuovo, innumerevoli con Amy Denio in molti ruoli, oltretutto; gli strumentali come "Andavo a 100 all'ora”, “John Wayne Gacy", "Frate mitra", la splendida (a quanto pare è un'opinione condivisa) “Ballata tristissima” o “Balera Metropolitana", un gioiello wave di rara bellezza oggi, epoca di rivalutazioni sommarie e citazionismo spicciolo.

Quello che preme di più, tuttavia, è scrivere del progetto globale di “Balera metropolitana” un disco che fotografa, affronta i grandi temi (è intriso di coscienza della morte) pur trattando, in modo scabro, l'oggi, dimostrazione ne sono le innumerevoli apparizioni di personaggi, contemporanei e meno, di politica, musica, pensiero, spettacolo (sino alla esplicita “Miaostelle”), un presente, sia chiaro, quello dei Meisie, con una prospettiva storica granitica , onesta, ironica e commovente, ed è proprio questo un punto focale di questa analisi, l'universo, il Pantheon dei testi, svela il simbolismo alla base del melange di generi sciorinato dai sette (Cinzia La Fauci, Alberto Scotti, Carmen D'onofrio, Serena Tringali, Luigi Porto, Michele Alessi, Donato Epiro) una collezione di influenze, alcune fatte proprie, altre meno convincenti eppur necessarie, perché “Balera metropolitana” sarà solo un minuscolo frammento di mondo, del mondo di qualcuno, ma è un frammento esatto articolato come una città, così fa intendere pure quell'accostamento folle dei primi tre nomi fra le loro influenze,” Ivan Graziani, The Books, Throbbing Gristle“ dove i due termini estremi possono essere coniugati solo da un vissuto personale, una logica profondamente umana.

Che piacciano o meno, una definizione, davvero, calza ai Maisie, si tratta d'una esperienza, ed ogni esperienza merita d'essere tentata. (4/5)

Fian