Se c'è una linea guida nelle pubblicazioni della irreprensibile Snowdonia è probabilmente quella di non avere una linea guida: prendete ogni uscita e difficilmente troverete un filo conduttore, un suono che ritorna e caratterizza la produzione, più facilmente scoprirete un'attitudine comune, libera e giocosa, centrifuga ed errante che porta l'etichetta siciliana a realizzare musiche varie e spesso opposte (dal cantautorato prog di Stefano Testa al crossover di questi A.S.O.B.), con una certa tendenza all'addizione di elementi disparati, ad un inedito accumulo (forse eccessivo, come in Perché Io Lo Sapevo di Magic Crashed , uscito a primavera), ma anche a cimentarsi in sorprendenti smentite (il songwriting essenziale dei Fargas, di cui ci occuperemo prossimamente).

Questa introduzione per parlare del disco d'esordio degli A.S.O.B. , travagliata opera che vede la luce dopo ben cinque anni dalla sua prima realizzazione, seguita dall'abbandono del cantante e dal blocco del lavoro; ben presto la band ha trovato una nuova voce e, con l'inserimento del chitarrista, ha registrato definitivamente il sofferto debutto, Scivola, che esce appunto per la label messinese (che nonostante un lustro d'incertezza ha continuato a supportare e sostenere il gruppo).
Scivola appare come uno strano oggetto, certamente debitore di un certo rock anni ‘90 e di fascinazioni eighties, ma capace d'intrigare, grazie a un sound massiccio, insieme cupo e spesso dissacrante.
L'apertura dell'album è affidata all'oscura nenia di Lame-nti, ma altrove vi son veri spunti di genio: il funky-pop spettrale e sintetico (via Bluvertigo) di Anime Perse, la pesantezza industriale e suadente di Ingenua, il crossover dalle tinte elettroniche di Pressione 01 e quello incastonato in ritmiche wave di La Mummia (entrambi col bravo mc Acid-One), l'alternarsi tra scansioni dance ed affondi quasi hardcore di Anni ‘80 (con una nota, ma azzeccata citazione pasoliniana), l'appropriato gusto thriller di una Crystal Lake dichiaratamente ispirata al film Venerdì 13.

Un, forse eccessivo, eclettismo (interno persino alle singole canzoni) e un cantato non sempre chiaro appesantiscono l'ascolto di un disco assai coraggioso, piuttosto slegato da suoni contemporanei, ma affascinante, grazie anche ad un impasto sonoro magmatico, avvolgente e sempre curato. (3.5/5)

Nicolò "Ghemison" Arpinati