Sarà per l'eccessiva distanza temporale intercorsa tra la prima stesura del disco (risalente al 2007) e quella definitiva o per l'improvvisa fuoriuscita di Luca Benci, ex voce del gruppo, pochi giorni dopo la registrazione in studio; sarà per questi o per altri motivi, ma Scivola, esordio degli A.S.O.B., non convince.

Nove tracce in cui si agita un marasma sonoro che sembra dipanarsi in tutte le direzioni ma in maniera alquanto schizoide, senza mai riuscire ad intraprendere una direzione, un sentiero-guida. Con questo non voglio dire che l'eterogeneità di stili e generi sia qualità deprecabile, al contrario, la ricerca di nuove forme d'espressione e di contaminazioni è forse la massima vetta cui la creatività umana possa tendere; ma proprio quando queste si fanno complesse e stratificate la necessità di dare un ordine, un equilibrio si accresce ancora di più. Il rischio è altrimenti quello di lasciare l'ascoltatore in un caos che disorienta e stordisce.

Il background d'interessi e influenze cui il gruppo attinge è davvero ampio, dalla radice comune a tutti i membri del gruppo che affonda in territori metal-hardcore, all'attitudine funky in pezzi come Scivola, Anni 80 o Anime perse, alla matrice hip-hop che fiorisce grazie al contributo di ACID-ONE nei due episodi, senza dubbio i più convincenti, di Pressione 01 e La mummia, che ricordano da vicino i tempi d'oro dei Casinò Royale, forse un po' troppo. Tuttavia, lo ripeto, manca un'identità che renda questo coacervo di stili qualcosa di più di una mera esecuzione di virtuoso versatilismo.

Accattivante (come quasi tutte le parti al synth, curate da Dario Arrighi ) l'intro di Lame-nti, incipit atmosferico dell'opera, una nave spaziale al decollo, salvo poi essere frenata dal canto (o meglio dal non-canto) di Enrico Bellagamba, che non riesce a incidere per come dovrebbe (o vorrebbe) risultando spesso monocorde e poco carismatico, a metà tra il cantato (ma più che altro cantilenato) e l'urlato (ma troppo poco, come una rabbia che non esplode mai) che risulta un ibrido straniante, elemento che si protrae con esito più o meno indifferenziato in tutte le tracce dell'opera. La sensazione è che ci si trovi innanzi ad un lavoro ben fatto, ben suonato, ma senz'anima e che nonostante la brevità finisca col produrre qualche sbadiglio. Altra pecca del disco che si mette in evidenza è proprio il non essere abbastanza caratterizzato, nonostante gli svariati ascolti risulta infatti difficile memorizzare le tracce, distinguerle l'una dall'altra, dare loro un'identità definita.

Dalla biografia del gruppo emerge che il progetto originario dell'opera (che sarei curioso di ascoltare per un confronto), quello supportato dalla voce e dai testi di Benci, era ben differente da quello divenuto poi definitivo e attuale affidato al cantato di Bellagamba, e forse il problema risiede proprio in questo, nella rielaborazione vocale e la riscrittura dei testi che non sono più quelli nati spontaneamente insieme alle sonorità del disco e che finiscono quindi col risultare artificiali, eseguiti macchinalmente.

Attendiamo dunque gli A.S.O.B. al varco della seconda prova per un giudizio più positivo, allo stato attuale mancano purtroppo elementi che diano slancio, vigore e incisività. (5/10)

Marco Salanitri