L'elaborazione di un lutto, il passaggio, come da copertina, attraverso un tunnel buio che sembra infinito, pennellato appena da spiragli di luce con i quali riesci poco a rapportarti, tanti forse. È brutale questo che é il terzo album del progetto del savonese Simone Perna, il primo in italiano. Una sorta di viaggio dentro sé stesso, sotto la guida di un plumbeo astro noise. Lo sgomento nell'incipit di Ingresso, cadente elettricità all'attacco, "È la paura il mio solo e unico porto / dove chiedere calore / e sempre comodo conforto / perché li/ li non sarò mai solo / io fedele servo di chi temo”. Il dolore ululante si P., dissonanti geometrie, "il petto rimbomba / senza sosta / accelera / giù verso l'impatto e ti fermerai / per sempre / ti fermerai", e il finale che trascende di screziature fluorescenti, "mi hai creato e mi appartieni ormai / e tu mi ami". Il transito di chitarre levaniane di Riproduzione, ”crea pretendi non sbagliare / e lui a tua immagine sarà / predica bene e non pensare/ a quale vero esempio avrà / e se vedrai i tuoi piani / adare in fumo stavolta / sarà un diritto poi rifarsi / su un corpo che è tua proprietà". La title-track si inerpica su minimali corde folk e si accende in coda di elettricità in progressione, ”sguardo consapevole / ora puoi decidere / senza un gesto, immobile/ tu mi puoi uccidere / sei un riflesso e vedo già / ogni errore e tutti i limiti / questo é la mia eredità/ di cui tu hai goduto fino a qui". Fuga é un guizzante scampolo acustico, gli occhi dritti al dolore, "in fuga da quello che sei / lo specchio ti rende l'ombra / di quel che volevi proteggere / ma é quello che sei", e "ripulisci le tue scorie / fallo in fretta e lucida / la tua anima è in macerie / sai può esser l'ultima / occasione per procedere / dritto li avanti a te / ma il prezzo é non distogliere / più lo sguardo dalle ombre”. L'unica via è un tunnel di 8 minuti su basso itinerante, chitarra epica tenuta giù a dialogare con un traino blues, punta l'identità, un fremito spirituale diremmo, "solo una via / tracciare tu potrai / lei porta a te e lì riaccoglierai / solamente ciò che ti appartiene", mentre la conclusiva Fine contrappunta con una fuga di Perna, "non c'é più niente / più non ho da dirti nulla / ed ora so / l'indifferenza è il mio rimedio / per sentirmi libero". Un disco viscerale, ruvido, che mostra grandi doti espressive, in testi e musica, di un talento da seguire con molta attenzione.

Christian Zingales