Il concetto di “personalità” non è un dato relativo, ma qualcosa di oggettivo. Vuol dire staccare da tutto quello che ti gira intorno, in questi tempi di selfie anche quando sei sul water, e aggrapparsi con le unghie esclusivamente al far musica. E' un processo di aggiustamento faticoso e antisociale, un piallare continuo che scoperchia lo scheletro, un buttar via molto e trattenere poco, affinché quello che hai tra le mani – nel nostro caso, sette brani – suoni il più possibile autobiografico.

Simone Perna (già batterista di Viclarsen e Affranti), ovvero 3 fingers guitar, in Rinuncia all'eredità maneggia un “cantautorato” in salsa post punk come lo avrebbero pensato i Fall: colleziona testi taglienti e ridotti all'osso, li impasta con certi deragliamenti Birthday Party (Riproduzione), li impacchetta in sbandate noise e blues (Rinuncia all'eredità, Fuga) in bilico tra strutture circolari e aperture strumentali periferiche (un L'unica via che non sarebbe dispiaciuto a Ian Curtis). Non ci sono regole stilistiche certe, in un gioco tra le parti in cui le dissonanze delle chitarre pasteggiano con una voce scorticata, le percussioni – di Simone Brunzu, co-responsabile degli arrangiamenti – giocano a stanare la teatralità inconsapevole del declamato (una P. che fa pensare a certe cose del miglior Capovilla). Chitarra elettrica, loop, voce, batteria e pochissimo altro, danno vita a un disco disarmate e talmente essenziale da rimandare, nell'indole più che nello stile, a realtà altrettanto oblique, affascinanti e minimali come i Venezia.

Si parla di eredità, nel titolo e nel concept alla base – il disco « ripercorre la vicenda di un padre e di un figlio e dell'eredità umana ed esistenziale che il primo ha lasciato in dote al secondo » -, e a quella vogliamo infine ricondurre la nostra analisi: il lascito del terzo album (il primo in italiano) di Simone Perna è un fardello di non poco conto, che parla di potenzialità enormi in parte messe in mostra, in parte ancora da esprimere. Come se la tensione accumulata nella mezz'ora o poco più. (6,9/10)

Fabrizio Zampighi