21th Century Music n.1 - Febbraio 2001

SNOWDONIA - MESSINA:
nelle Terre dell'Assurdo (Creativo)

Che la zona d'Italia anticamente nota come Scilla e Cariddi fosse pericolosa quanto affascinante è cosa nota fin dai tempi omerici, quando Ulisse dovette affrontare e resistere eroicamente al canto ammaliatore delle sirene, bellissime e terribili abitatrici di quelle scogliere d'incanto.
Strane entità popolano lo Stretto (sponda sicula) anche ai nostri giorni, seducono con l'Arte delle Sette Note, tracciano direttrici alternative, mescolano e sperimentano nuove ibridazioni musicali, catturate dagli anfratti più nascosti della penisola.
Si sta parlando di Snowdonia, nome dal richiamo celtico per un'etichetta discografica con sede nel cuore del Mediterraneo, Messina, che custodisce e diffonde il credo della musica indipendente, svincolata dagli influssi delle major, fucina di idee operative, palestra per autori esclusi dai giri ufficiali, autodidatti e anticonformisti per vocazione, oltre ché per necessità. Una "comune" del III millennio che adopera Internet ma potrebbe anche ricorrere ai segnali di fumo pellerossa, o ai tam-tam della jungla, per comunicare col Mondo. La dirige Cinzia La Fauci, ragazza che si autodefinisce "una neo-hippy piena di ciondolini e medagliette indiane", verve meridionale a cascata. Ironia e goliardia sono le componenti viscerali del Pianeta Snowdonia, dove non prendersi mai troppo sul serio è il 1° comandamento. Il 2° è: ricerca dell'originalità, senza troppi artifici o intellettualismi e, soprattutto, senza proporre l'inascoltabile. Gli altri dettami chiamano in causa un vocabolario fatto di strategie/traiettorie/coordinate musicali oblique, divergenti, trasversali, non facilmente parametrizzabili in sede critica.
L'esordio su ed avviene nel '97 con "Orchestre Meccaniche Italiane", compilation che scandaglia gli umori sotterranei della cosiddetta no-wave tricolore: "ritmi sbilenchi, voci straniate, chitarre scordate, trombe e sax stonati" recita lo slogan pubblicitario!
L'anno dopo l'etichetta messinese va oltre pubblicando quello che rappresenta finora il top della sua attività: il mitologico doppio ed "Snowdoniani Baccelloni Invadono Megaton 4 - Snowdoniani Baccelloni Attaccano Megaton 4", zeppo di partecipazioni dallo stivale e da vari continenti, artisti per la maggior parte sconosciuti, autentico manifesto a sfondo fantascientifico - ma della sci-fi anni 50, quella dei pulp-comics e dei b-movie made in Usa, o dei telefilm culto tipo "U.F.O."- dove sguazzano avantgarde, elettronica 'povera' e sperimentale, grandi sprazzi visionari.
Una successione di brani che sfiorano-toccano-solleticano-strapazzano-devastano psichedelia, post-rock, space, free-jazz, cameristica, in una carrellata di notevole, oserei esagerato, spessore quanti-qualitativo, naturalmente imperdibile per ogni serio appassionato di elettronica indipendente e derivati.
Abbiamo già parlato di S.B.I.M./S.B.A.M. in passato (recensione su 21St C.M. #25), ma è impossibile non ricordare i contributi di Ella Guru (nostalgia del Comandante Straker!), Seroxas/Orbitale Trio (estremisti dell'improvvisazione), Kryptasthesie (versione sballo cosmico!), Maisie (i padroni di casa Alberto Scotti e Cinzia La Fauci + Danilo La Fauci, alle prese con risucchi via radio, computer e campionamenti), La Funcion de Repulsa ('cicalecci' spaziali dal Messico), gli inglesi Cacophony. 3.3 (romanticismo da qualche galassia remota), Daniele Brusaschetto (chitarra frazionata-moltiplicata in mille tremolii idilliaci), ecc. ecc. (sarebbero da citare tutti).
Uscite soliste: Maisie, i crimsoniani Parts, Stefano Giust dell'Orbitale Trio, Monophon e altri che gravitano nell'orbita Snowdonia anche in collaborazione con altre organizzazioni, la Frigorifero di Jacopo Andreini, la Burp Sonic Inventions, la ZZZ di Torino, alla quale fa capo Daniele Brusaschetto.
La successiva raccolta, "The Last Famous International Gluttons", è a tema mangereccio, ad ogni autore coinvolto è abbinata una specialità culinaria e gli ingredienti musicali che si mescolano sanno di synth casereccio, improvvisazione, elettro-folk e le suggestioni che uniscono orecchi e gola sono puro divertimento.
A fine '99 il lancio delle iniziative snowdoniane ottiene una cassa di risonanza non da poco grazie a un lungo articolo + copertina su Blow Up di dicembre: "Ricottina wave" è il titolo. Escono il primo ed dell'inclassificabile jazzista Jacopo Andreini e dei Tsukor Bila Smert, terzetto ucraino che unisce folklore balcanico e avanguardia; esce soprattutto la compilation "Atomic Milk Throwers": 77' per 23 brani dedicati alle regine e agli attori del porno d'annata, responsabili di passioni represse e proibite negli anni d'oro dei fumetti e delle riviste zozze, delle prime tv private. Tutto - confezione a cartoncini A5 sciolti, striscioline con fotogrammi nude-look, mini poster, immagini e copertina rubate a qualche fumettaccio 'da gabinetto' o 'da sottoscala' - è insolito e la musica a tema appare come una serie di liberi esami ali' Università dell'Assurdo (Creativo). Garage-punk, pop ubriaco, strumentali da orgasmo e riff afrodisiaci costellano una lunga traversata nei dedali del sesso-pensiero, resa elettrizzante dalle dediche firmate Starfuckers ("Linda Lovelace"), percussivi e minimali cantori nostrani del rock (?) di confine, dai newyorchesi The Lounge-0-Leers ("My heart will go on" dai soundtrack di "Titanic" rivisto come porn-movie favorito!), dalla trasgressiva Zeek Sheck o dalle sinuose esplorazioni sax-bass-drums di Day & Taxi; i Maisie + l'americano Mike Khoury omaggiano con suoni lividi, basso, violino e batteria la fama di Vanessa del Rio, Motor Dimension Idols stendono favolosi lamenti su scivolosi, liquidi impasti di dr./bs./gtr.; gli Spit portano la loro "Mistress Jacqueline" su grintose posizioni hard (metal), Chris Carter ("Cosey Fanni Tutti") galoppa tra echi digitali e incalzanti voci estatiche, mentre Arto Lindsay e Gabriel Zagni si barricano dentro ermetici rumorismi e il portoghese Rafael Toral fa ululare la sua chitarra 'fallica' per Asia Carrera. Tra distorsioni post-orgasmiche, ombrosi campionamenti, marcette lounge e crepuscolari foschie, il cd care rimembrare più clandestine 'pratiche' adolescenziali piuttosto che celebrare le icone superdotate dell'eros che fu, ed è comunque ulteriore esibizione della simpatica vena di follia che anima le menti a Snowdonia.
Appena il tempo di tirar su mutande e pantaloni, e di recuperare la normale pressione arteriosa, che si apprende dell'ambizioso progetto per il Duemila, che prevede la pubblicazione di 2 dischi al mese; quasi subito le uscite si ridimensionano leggermente, causa problemi con la stampa di alcuni cd-r, supporto che verrà prudentemente abbandonato. Intanto ci godiamo l'opera elettronico-primitiva dei St.Ride, da Genova.
L'omonimo esordio compare su un ed in comproprietà tra Mizmaze (Milano) e Snowdonia.
Siamo sulle precarie zone di frontiera tra rumore e silenzio, terre di nessuno percorse da strani fremiti elettroacustici, da fasci elettronici allungati, filtrati da diavolerie domestiche - o da astrusi marchingegni da laboratorio anni 50?? Si lavora dall'inizio per intuizioni, mai per progetti finiti. Soffi, stridori, strisciate metalliche, saldature, frammenti di voci/suoni urbani/sotterranei: St.Ride è l'elogio del rumore di fondo, dello 'scarto' sonoro! Già "Antares" mette in guardia circa le intenzioni di elaborare strane orbite psichedeliche, margini dove non di "Area X", dove galleggia nell'etere il celebre motivo di "Luglio, agosto, settembre (nero)" degli Area.
È stupefacente annotare come fragori lontani e soffocati, o il crepitio di una puntina sul giradischi contengano più 'anima' di tante sinfonie elettroniche con gran strombazzo di mezzi sofisticati! A tessere la trama impulsi radar, particelle radioattive vaganti nel vuoto, cigolii industriali, con scansioni di batteria e giri meccanici ("Alienite"), visioni di spazi chiusi e allucinati ("Schlock") o un cupo rombare (la finale "Black C"). Lo straordinario funzionamento di semplici accorgimenti - oscillatori, riverberi, rumore bianco... - urta i fondamenti del pentagramma, dell'ortodossia accademica: Edo (manopole e cursori), Gusme (stereo di casa) e Rino (vox) indicano vie nuove/antiche, forme musicali in metàstasi che generano altre forme, distanti e antitetiche. Azzardo fonti d'ispirazione/retroterra che potrebbero andare da Verne a Orwell, dal Fritz Lang di "Metropolis" ai documentari scientifici del dopoguerra, a qualche dimenticato fumetto di fantascienza... Sentite in fondo un bzzzzz di bobine rotanti su ambienti illuminati da tubi al neon?.....
I 3 genovesi rendono protagonisti del campo sonoro le sue zone periferiche, il suo lato oscuro, le micro-fratture del suono, l'acustica sporca, gli elementi di disturbo normalmente eliminati dalle 'grandi manovre' dei mixaggi, atti a ripulire imparzialmente da ogni imperfezione. Con loro si torna indietro, dunque, per esplorare lande ancora -o mai così- meravigliosamente inabitate/inaudite... o forse già udite e memorizzate da qualche parte, ma che non avevano mai avuto, come ora, dignità musicale.
Simili osservazioni potrebbero in gran parte valere anche per un'altra produzione snowdoniana anno 2000: "Zero" di Fausto Balbo. Stacchi radiofonici, interferenze, singulti vocali e basi strumentali fondate su saturazioni chitarristiche, con chitarra stralunata, delirante, galleggiante: "Sto bene, molto bene, troppo..." è la track introduttiva, tagliata su ambienze trasfigurate da calma apparente. "La morte della signora tod", ironia a parte (tod=morte in tedesco), porta la sei corde su nenie minimal-orientali, 'asmatiche' propaggini di un calcolo che si delinea come definito ne "Il terrapieno", ma che definito non è affatto, carico di tinte plumbee e claustro-fobiche con fredda sequenza elettronica che vira sul futuribile. "Ferito ed esausto" è il suono, la sua essenza vitale, ricavata da distillati di chitarra + electronics in un lento processo 'chimico'. Implosioni noise e sound che evolve. In "Il serbatoio dell'acqua" vaporizzano e decantano i residui strati melodici. Ne resta una materia sonora grezza, stridente, graffiante, rivolta a ipotetiche civiltà post-atomiche -"II rifugio antiaereo"- o agli spazi siderali.
Permane l'enigma di una struttura di sintesi analogica privata di ritmica (o quasi: le percussioni di Mark lacona sono solo un bordone di sfondo), che per un attimo strizza l'occhio a OIdfield ( "L'acrobata"), si stempera in un volteggio malinconico, viene pilotata verso impersonali rarefazioni, per poi lavorare su suoni di metallo ("II trapezio"), vetrose superfici sulle quali preparare "La fuga" (definitiva?) da architetture musicali conosciute (italian Krautrock? Ambient astratto? Psichedelia passata per Industriai o vice-versa?) ed approdare alfine nella lunga "Sogni", estasi e tormento di un mondo 'azzerato', come dal titolo.
La chitarra spedisce continui loops raggelanti, asettica proiezione di esistenze artificiali fatte di riflessi argentei, rotaie sospese, cubature vuote, immense gimcane sopraelevate, manichini-robot, biologie controllate. Con un ritorno a barlumi di rumori 'umani' solo in conclusione. Tutto questo in 50 minuti di ascolto su un 'normalissimo' ed audio. Il cuneese Balbo, coadiuvato in alcune tracce da Mark lacona e Daniele Regis, dichiara di essersi ispirato a "L'Isola di cemento" di J.G. Ballard. Stanare 'ordigni' come St.Ride e Fausto Balbo, così come le Allun - 4 ragazze "no wave" che si dilettano a trattare le chitarre come tamburi, a suonare vecchie macchine da scrivere e miriadi di giocattolini (!), strimpellando un pop tribal-metropolitano sfrontato e capriccioso ("Et Sise", cd co-prodotto con Bar La Muerte) - e le altre sorprese che emergeranno nel prosieguo, merita il sostegno da parte di chi aborrisce le banalità o da chi semplicemente cerca di fabbricarsi un proprio bagaglio musicale senza preconcetti. Nello 'smog' sonoro che ci circonda, boccate di puro ossigeno da far durare a lungo.

Gianni Rorato